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Da Catanzaro a Pietrafitta, perché Esurv e Stm sono nei guai

Secondo i magistrati di Napoli è il più grande caso di “spionaggio” degli ultimi anni. Parliamo di due aziende calabresi: Esurv e Stm. Calabria ancora protagonista della cronaca giudiziaria per un caso di presunto “spionaggio” che vede coinvolti imprenditori e investigatori cosentini. Tutto nasce nel mese di dicembre del 2018, quando l’Stm di Marisa Aquino

Da Catanzaro a Pietrafitta, perché Esurv e Stm sono nei guai

Secondo i magistrati di Napoli è il più grande caso di “spionaggio” degli ultimi anni. Parliamo di due aziende calabresi: Esurv e Stm.

Calabria ancora protagonista della cronaca giudiziaria per un caso di presunto “spionaggio” che vede coinvolti imprenditori e investigatori cosentini. Tutto nasce nel mese di dicembre del 2018, quando l’Stm di Marisa Aquino riceve un provvedimento di sequestro del server. Il decreto porta la firma del tribunale di Benevento.

La presunta spy story

Un brigadiere in servizio presso la procura di Benevento si accorge che il server in cui dovrebbero essere custoditi i dati sensibili delle intercettazioni telematiche è vuoto. In alcuni casi il collegamento si disconnette, in altri rinvia su Amazon, dove scopre che può accedere ad innumerevoli documenti riservati di diverse procure italiane. Non crede ai suoi occhi e, in qualità di pubblico ufficiale, avvisa il capitano della Compagnia di riferimento che in questo caso, essendo esperto in abusi informatici, riferisce tutto ai magistrati della procura di Benevento. Si apre così l’inchiesta che può scuotere l’Italia.

Nel momento in cui si ipotizza il reato di accesso abusivo al sistema informatico della procura di Benevento, l’indagine per competenza territoriale passa alla procura di Napoli. In prima istanza, come detto, arriva il sequestro del server. Poi, e siamo ai giorni nostri, viene notificato il sequestro delle due aziende coinvolte: Esurv di Catanzaro e Stm con sedi a Pietrafitta e Roma.

Chi sono gli indagati?

Nel registro degli indagati finiscono Giuseppe Fasano e Salvatore Ansani di Esurv e Marisa Aquino e Vito Tignanelli di Stm, quest’ultimo poliziotto della Questura di Cosenza che oggi si occupa di aspetti sindacali e non è più operativo su indagini delicate come un tempo. La procura di Napoli dunque sequestra tutto e porta alla luce del sole una storia complessa che, a dire di alcuni inquirenti, si intreccerebbe con quella della procura di Salerno, dove oltre al maresciallo dei carabinieri forestali Carmine Greco sono indagati Eugenio Facciolla, capo della procura di Castrovillari, e due esponenti delle forze dell’ordine.

Il problema nasce dal momento in cui il software rilasciato da Esurv in realtà non permette di gestire in sicurezza i dati sensibili. Si chiama Exodus e viene commercializzato con almeno cinque società, tra cui Stm. Ma solo questa finisce nei guai. E non si capisce il perché.

Un passo indietro

Quando Stm accede agli atti del fascicolo per capire le motivazioni che hanno portato al sequestro del server viene a conoscenza del fatto che il software Exodus non era sicuro. Ciò avrebbe provocato una reazione dal punto di vista legale da parte dei titolari cosentini. Il file si noleggiava a circa 1000 euro al mese più altre applicazioni che servivano per intercettare telematicamente: foto, chat, email e tutto ciò che può contenere un cellulare di un soggetto potenzialmente indagato. Il classico “trojan”, insomma. Tuttavia, non può passare in secondo piano la validità e credibilità dell’Esurv, società che lavora per il ministero dell’Interno e quindi con i servizi segreti italiani. Domanda: cosa è realmente successo? Un errore tecnico o uno “spionaggio” commissionato da qualcuno?

Exodus non sicuro

Fasano e Ansani sono accusati di aver diffuso dati sensibili che, secondo i magistrati, erano accessibili tramite un’applicazione sulla piattaforma Amazon. Aquino e Tignanelli, rispettivamente marito e moglie, devono rispondere allo stato attuale di trattamento illegale di dati, perché non avrebbero conservato i dati con le dovute garanzie, e del reato di frode contrattuale per non aver detto alla procura di Benevento che utilizzavano il software Exodus, sistema non sicuro. Chi lo sapeva? Forse nessuno o forse qualcuno di potente. Sta di fatto che Stm si sarebbe tutelata nei riguardi di ESurv. Due società, secondo i magistrati, che erano d’accordo nel fare “spionaggio”. Una storia delicata che, nel dietro le quinte, potrebbe nascondere sentieri oscuri che collegano magistratura, politica e forze dell’ordine. (Antonio Alizzi)

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