mercoledì,Maggio 15 2024

Cosenza, condanne prescritte per tre carabinieri accusati di calunnia

Retaggio di una vecchia operazione antidroga che li aveva fatti finire nei guai anche per violenza privata e abuso d'ufficio

Cosenza, condanne prescritte per tre carabinieri accusati di calunnia

Salvati in appello dalla prescrizione, ma condannati al risarcimento del danno e al pagamento delle spese processuali per i primi due gradi di giudizio alle parti civili. Si è attestata così la vicenda dei tre carabinieri imputati di calunnia a danno di due persone. Due marescialli e un appuntato dei dell’Arma avevano più volte denunciato per false informazioni al PM e calunnia un uomo e un loro collega e, per questi ultimi, si erano aperti diversi procedimenti penali, tutti conclusi con proscioglimento o archiviazione. Erano così stati denunciati a loro volta dalla prima delle due vittime e, con sentenza dell’ottobre 2020, erano stati condannati dal Tribunale di Cosenza, rispettivamente, a due anni e due mesi di reclusione i primi due e un anno e sei mesi l’altro, oltre al risarcimento del danno e al pagamento delle spese processuali per le parti civili.

Avevano poi impugnato la sentenza di condanna e il processo era così giunto davanti alla Corte d’appello, dove ora la seconda Sezione, pur rimodulando due delle imputazioni, nel senso di ritenerle una assorbita nell’altra, e prendendo atto dell’intervenuta prescrizione, ha confermato le statuizioni civili della sentenza di primo grado, condannando gli imputati anche al pagamento delle spese di costituzione alle parti civili per il giudizio d’appello.

Tutto traeva origine da una operazione antidroga condotta diverso tempo fa dai tre sottoufficiali, in cui un uomo, che a quel tempo era sottoposto all’obbligo di firma in caserma, dietro minacce era stato da loro coinvolto quale acquirente fittizio di sostanza stupefacente, per agevolare l’individuazione e l’arresto degli spacciatori. L’operazione dei carabinieri sembrava essersi conclusa brillantemente ma, a distanza di tempo, il collaboratore aveva scoperto di essere stato incastrato come effettivo acquirente della droga e, dunque, era stato destinatario di provvedimenti dell’autorità. Sconvolto e risentito si era quindi rivolto al suo legale di fiducia, l’avvocato Anita Frugiuele, e aveva presentato così la denuncia che aveva portato all’avvio di un processo nei confronti dei tre carabinieri, in cui si era costituito parte civile. All’esito del processo, per questi ultimi era giunta la condanna per violenza privata e abuso d’ufficio nonché al risarcimento del danno e al pagamento delle spese processuali alla vittima, confermata in appello e in Cassazione.

Nelle more di quel procedimento, però, i tre avevano più volte denunciato l’uomo e anche un altro maresciallo, così il primo aveva deciso di segnalarli nuovamente all’autorità giudiziaria. Era stato quindi avviato questo nuovo processo a loro carico, in cui si era ancora una volta costituito parte civile con l’avvocato Frugiuele, e in questo secondo processo si è costituito pure il loro collega, rappresentato dall’avvocato Annunziata Paese, altra vittima delle denunce. Si era aperta, così, questa nuova vicenda giudiziaria nei confronti dei carabinieri, difesi dagli avvocati Vittoria Bossio e Gianluca Bilotta, che si è conclusa martedì con la pronuncia del dispositivo della sentenza da parte dei giudici della Corte, presidente Maria Rosaria Di Girolamo, a latere Assunta Maiore e Barbara Saccà. Ora si attendono le motivazioni, che saranno depositate nei prossimi novanta giorni, dopodichè potrebbe aprirsi l’ulteriore grado davanti alla Cassazione, ove decidessero di impugnare anche la decisione della Corte d’Appello.

Articoli correlati