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Lo spaccio di eroina e cocaina raccontato dal pentito Celestino Abbruzzese

L'ex componente della famiglia "Banana" ha fornito un valido contributo dichiarativo alla Dda di Catanzaro, parlando dei rapporti tra "zingari" e italiani"

Lo spaccio di eroina e cocaina raccontato dal pentito Celestino Abbruzzese

Tra i diciassette pentiti che hanno aiutato la Dda di Catanzaro a disarticolare la ‘ndrangheta cosentina, in attesa che i giudici facciano le valutazioni di merito in ordine ai fatti contestati, c’è Celestino Abbruzzese detto “Claudio”, alias “Micetto”. Quando si pentì, come riferito dal collaboratore Ivan Barone, nel clan degli italiani e in quello degli “zingari” si scatenò il panico, temendo che le sue propalazioni potessero portare poi a una raffica di arresti. E così è stato.

La Dda di Catanzaro, analizzando il contributo dichiarativo di “Micetto“, ritiene che lo stesso abbia «fornito informazioni preziose su svariati crimini commessi dalla sua famiglia, compresi omicidi ed estorsioni, soffermandosi poi sulla droga, la specialità della casa. L’entrata in scena di questo collaboratore si registra alla fine del 2018, allorquando egli, già a capo di una cellula di spacciatori del centro storico sgominata con l’operazione “Job center”, segna un punto di svolta nella comprensione investigativa di quello che è il Sistema Cosenza nella sua declinazione più attuale» scrivono i pm antimafia.

Da Rosarno a Cassano: i canali di approvvigionamento della droga

«Le propalazioni di “Micetto” partono proprio dai canali di approvvigionamento della droga, acquistata prima a Rosarno poi in esclusiva dai cugini cassanesi; si sviluppano nella descrizione dei nuovi assetti criminali cosentini, delle attività illecite condotte di comune accordo con i clan italiani; culminano poi nella descrizione accurata delle tensioni che attraversano la confederazione criminale, tensioni che arrivano a intaccare anche l’unità degli zingari e, addirittura, del suo stesso nucleo familiare (arriverà a cacciare di casa suo fratello poiché reo di aver, in sua assenza, occupato la piazza di spaccio con i suoi pusher). Il quadro da lui descritto è preciso nel delineare le articolazioni ed i sottogruppi» evidenziano i magistrati antimafia di Catanzaro.

Da Rango-zingari al duo Porcaro-Piromallo

Celestino Abbruzzese, alias “Micetto“, ha illustrato anche l’evoluzione della sua ex cosca di appartenenza: dal clan Rango-Zingari, che dopo l’arresto di Maurizio Rango e la breve presunta reggenza di Cosimo Bevilacqua interrotta anche stavolta da un arresto, sarebbe stato guidato da Gennaro Presta, al gruppo Abbruzzese “Banana” «del quale personaggio di spicco è suo fratello Luigi» e infine a quello riconducibile ad Antonio Abruzzese detto “Strusciatappine”.

Per la parte degli italiani, Roberto Porcaro viene descritto come vertice indiscusso, di un
primo gruppo, mentre Mario “Renato” Piromallo risulta referente di un secondo sottogruppo. È a queste persone che, oggi, i commercianti e gli imprenditori della città e dell’hinterland pagherebbero le estorsioni che, prima di essere portate a compimento sarebbero concordate tra i referenti dei diversi gruppi e poi portate all’incasso prima di essere spartite.

Celestino Abbruzzese racconta come avviene il traffico di droga a Cosenza

Nell’ambito del traffico di droga, Celestino Abbruzzese ha indicato come funziona con lo spaccio di eroina e cocaina. «Per l’eroina abbiamo il monopolio noi zingari della famiglia Banana» mentre «per la cocaina funziona che quando un carico arriva a qualcuno che fa parte del Sistema, composto sia da zingari che da italiani, chi ce l’ha la fornisce anche agli altri al prezzo stabilito sulla base del prezzo di acquisto (a volte a 35, a volte a 40 euro al grammo) e, in base al prezzo di acquisto viene immessa sul mercato (…)» afferma “Micetto“.

«Per Sistema, dunque, intendo un accordo tra organizzazioni, come se fosse un’unica associazione dedita al narcotraffico, per evitare di entrare in lite tra organizzazioni diverse, per cui quando qualcuno prende la sostanza da altri vuol dire che c’è quello che noi definiamo “sottobanco“, tanto è vero che a volte, nei periodi in cui si spacciava di meno, cercavamo le persone che facevano il Sottobanco; queste, una volta individuate, venivano punite, picchiati e a loro venivano richieste delle somme di danaro per risarcire il Sistema» prosegue Celestino Abbruzzese.

I proventi dello spaccio di droga nella “bacinella comune”

«Questi proventi dal “sottobanco” confluivano nella “bacinella comune” e venivano suddivisi tra i gruppi degli zingari e quelli degli italiani. Ogni spacciatore che “lavora” a Cosenza è vincolato con uno dei gruppi che fa parte del Sistema; in ogni periodo, si sa sempre chi spaccia e per quale gruppo lo fa, in modo che non vi sia spazio per lo spaccio a soggetti esterni al Sistema; quando a qualche gruppo manca la sostanza stupefacente, sa di poter contare sugli altri gruppi, gli zingari sugli italiani e viceversa, all’interno delle organizzazioni degli zingari e a quelle degli italiani ci sono diversi sottogruppi, ma tutti partecipano di quella che può essere considerata una sola grande organizzazione secondo l’accordo che prevede la creazione del Sistema».

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