«Andrea Mazzei mafioso? Insufficienti le dichiarazioni di Zaffonte»
Ecco perché la Cassazione aveva annullato con rinvio l'ordinanza del Riesame relativamente al capo associativo contestato al consulente finanziario cosentino
Il consulente finanziario Andrea Mazzei di recente è stato posto agli arresti domiciliari dal tribunale del Riesame di Catanzaro. Un provvedimento di modifica della misura cautelare in carcere arrivato dopo l’annullamento con rinvio da parte della Cassazione, la quale aveva evidenziato diverse lacune nelle motivazioni adottate dal Tdl di Catanzaro nel primo giudizio cautelare. Gli ermellini infatti avevano ritenuto insufficiente il giudizio espresso dai giudici del capoluogo in merito alla contestazione associativa nei confronti di Andrea Mazzei, confermando (in punto di gravità indiziaria) la vicenda relativa al bar “Settimo Cafè” di Montalto Uffugo. Capo d’accusa che anche il nuovo Riesame ha mantenuto intatto disponendo però una misura meno afflittiva rispetto a quella inframuraria.
Le accuse di Zaffonte e il ruolo di Porcaro
Nel mirino della Dda di Catanzaro, nel periodo delle indagini preliminari, erano finite le pratiche di “Resto al Sud” che avrebbero procurato ingiusti profitti a persone vicine, secondo l’accusa, all’allora “reggente” del clan “Lanzino-Patitucci” di Cosenza, Roberto Porcaro, da pochi mesi divenuto collaboratore di giustizia. La Cassazione sul punto ha analizzato le motivazioni del Riesame circa l’apporto dichiarativo reso dal pentito Giuseppe Zaffonte, evidenziando come le propalazioni del giovane rendese non possano corroborare la tesi secondo cui Mazzei sia stato consapevole di far parte della ‘ndrangheta cosentina.
Entrando nel merito della vicenda, la Dda di Catanzaro aveva valorizzato il passaggio nel corso del quale il pentito Zaffonte diceva, riferendosi a Mazzei, che «”sta facendo avere a diverse persone del clan i finanziamenti relativi al progetto “Resto al Sud“…”, specificando che lo stesso “prende 500 euro senza fattura per iniziare la pratica e poi una percentuale sull’importo erogato“; – dalla percezione esterna che i terzi avrebbero del suo ruolo risultante dalle dichiarazioni captate di Broccolo e Perrone. Questi si lamentavano di essere stati coinvolti da Porcaro e Mazzei nei finanziamenti, deprecavano l’esagerata considerazione di sé che aveva quest’ultimo e lo indicavano come persona a disposizione di personaggi delinquenziali legati a Roberto Porcaro, che ne traeva conseguentemente un vantaggio personale. Perrone si lamentava ripetutamente del fatto che Mazzei, per conto di Porcaro, aveva istruito presso Invitalia S.p.a. una pratica di finanziamento per la somma di euro 200.000 per l’avvio dell’attività commerciale formalmente intestata al figlio di Broccolo e gestita da costui insieme a Perrone, riferendo che all’origine del finanziamento vi era un debito con Porcaro che li vedeva coinvolti insieme a tale Antonio Russo».
La Cassazione su Andrea Mazzei
Gli ermellini, nel motivare l’annullamento con rinvio del capo d’imputazione contestato dalla difesa di Andrea Mazzei, scrive: «Orbene, tanto le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Zaffonte – il quale ha peraltro escluso che Mazzei sia un “affiliato” della cosca -, quanto le conversazioni intercettate fra Broccolo e Perrone, oltre a rivelarsi per taluni aspetti generiche e congetturali, non superano il vaglio di pertinenza e coerente concludenza probatoria in merito alla definizione del ruolo assegnato dai giudici del riesame a Mazzei quale “partecipe” della consorteria mafiosa» sottolinea la sesta sezione penale della Corte di Cassazione.
Non considerata la documentazione difensiva di Andrea Mazzei
«Né il Tribunale ha preso in seria considerazione le documentate argomentazioni difensive circa l’effettiva attività professionale svolta dal ricorrente a favore di una pluralità di persone o enti estranei alla consorteria, ben oltre quindi l’isolata pratica della soc. Settimo Caffè. Sicché non è dato inferire, per il profilo della gravità indiziaria, se e quando si sia effettivamente instaurato un rapporto di stabile, continua e organica compenetrazione di Mazzei con la struttura organizzativa del sodalizio criminale, diretto, grazie al sistematico contributo della sua opera professionale, a far conseguire indebiti finanziamenti e illeciti profitti alla consorteria o ai suoi esponenti di vertice e quindi a perseguire in tal modo le finalità della stessa» aggiunge la Cassazione.
Gravità indiziaria per il bar “Settimo Cafè”
«Con riguardo ai capi 147 e 148, relativi alla truffa aggravata e alla conseguente estorsione patita da Broccolo e Perrone, nell’ambito del finanziamento di Invitalia per la ristrutturazione dell’impresa Settimo caffè, viceversa, non appare seriamente controvertibile la fonte di gravità indiziaria costituita dalla documentazione bancaria e finanziaria sequestrata e dalle conversazioni intercettate fra Perrone e Broccolo. Si desume inequivocamente che Broccolo aveva contratto un debito con Porcaro, il quale per consentirgli l’estinzione, lo aveva segnalato a Mazzei per la pratica di finanziamento, il cui importo sarebbe poi confluito, una volta erogato, in percentuale agli stessi Porcaro e Mazzei» si nelle nel provvedimento.
«La truffa si realizzava sia con la restituzione di somme in contanti, sia con false fatturazioni, mentre della pretesa di farsi consegnare dalle vittime parte del denaro ottenuto con la truffa si lamentavano esplicitamente i destinatari della stessa, consapevoli che un rifiuto avrebbe comportato l’incendio del locale ai fini dell’incasso dell’indennizzo assicurativo. D’altra parte, la prospettazione dei giudici del riesame risulta coerente con la giurisprudenza di legittimità, secondo cui il reato di malversazione di erogazioni pubbliche si risolve nella mancata destinazione delle somme erogate agli scopi previsti e pertanto si differenzia da quello di truffa aggravata, realizzata per il conseguimento delle stesse mediante l’induzione in errore dell’ente erogatore attraverso artifici e raggiri. Nel caso di specie sono state rappresentate concrete condotte decettive che hanno indotto in errore l’ente quanto alla sussistenza dei presupposti dell’erogazione» chiosano gli ermellini. Andrea Mazzei è difeso dagli avvocati Sergio Rotundo e Alessandro Diddi.