venerdì,Marzo 29 2024

Il pentito Zaffonte racconta la caccia al pusher solitario di Rende. «Volevano punirlo per il “sottobanco”»

Il collaboratore di giustizia svela un particolare inedito alla Dda di Catanzaro, circa la capacità di un soggetto rendese di fare affari con i clan reggini

Il pentito Zaffonte racconta la caccia al pusher solitario di Rende. «Volevano punirlo per il “sottobanco”»

Il nome di Giuseppe Zaffonte spunta fuori nell’ordinanza di custodia cautelare dell’omicidio di Giuseppe Ruffolo. Si parla di nuovo pentito, “fuoriuscito” dal clan “Lanzino-Patitucci” di Cosenza, al quale dice di essere appartenuto. E alla Dda di Catanzaro racconta i “segreti” delle cosche cosentine e non, svelando particolari inediti circa le dinamiche criminali dell’area urbana, in riferimento allo spaccio d droga, alle estorsioni e alle usure.

Zaffonte ai magistrati antimafia di Catanzaro, tra le tante cose, narra un episodio relativo a un pestaggio contro il fratello di un giovane rendese, quest’ultimo accusato da Francesco Patitucci e Roberto Porcaro, di spacciare droga acquistata dal Reggino e non totalmente dagli italiani. Questo soggetto «è stato arrestato con soggetti di Reggio dei clan Pelle-Vottari» e «ha iniziato a spacciare grosse quantità di cocaina, nell’ordine di 4-5 kg al mese, anche nella parte del mare, senza l’autorizzazione della criminalità, anche se lui era vicino ad Adolfo D’Ambrosio. Lui prendeva un po’ di droga da noi del gruppo di Rende per far apparire che non facesse “sottobanco” e il resto la prendeva tutta dal Reggino».

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Il collaboratore di giustizia Giuseppe Zaffonte aggiunge che «quando gli appartenenti al clan Lanzino se ne sono accorti, come di solito succede, sono andati alla sua ricerca per chiedergli conto e poi punirlo. Poiché non lo trovavano, dapprima Alberto Superbo e Roberto Porcaro, hanno pestato il fratello che faceva il parrucchiere a Rende» e «che ora è andato in America». Il pentito dichiara di essere stato presente, in quanto «ho fatto da paolo quando sono entrati nel suo salone, erano le tre del pomeriggio e aveva aperto da poco, in estate, forse luglio, anche se non ricordo bene l’anno. Ricordo che Patitucci era fuori e Porcaro libero».

Zaffonte, poi, prosegue: «Roberto Porcaro appena entrato» quando il fratello “dell’attenzionato” «non gli disse dove si trovava il fratello, gli ha spaccato la fronte con il casco». E Patitucci «faceva pressioni per andare di nuovo da lui per farsi dire dov’era il fratello, ma Alberto Superbo mi disse che loro si erano rifiutati perché sapevano che aveva denunciato». E qui, Zaffonte, introduce un evento di cronaca che nel 2012 aveva fatto propendere per un delitto a scopo estorsivo. Ma spiega le vere ragioni.

«Questo ragazzo», figlio di un noto imprenditore di Rende, «era amico d’infanzia» del presunto spacciatore di cocaina «e si diceva anche che lui gli detenesse la droga. Patitucci, Porcaro e Superbo più per la droga erano arrabbiati per il fatto che facesse molti soldi. Sempre allo scopo di farsi dire dove si trovava, Roberto Porcaro e Alberto Superbo sono andati a sparare» al ragazzo «mentre stava rientrando a casa, ma non lo hanno preso. Sui giornali è stato pubblicato che la sparatoria fosse avvenuta per ragioni di estorsione, in quanto il padre era il titolare» di una famosa azienda rendese, operante su scala nazionale, «e Alberto Superbo diceva che era un fatto buono in quanto non sarebbero risaliti a loro».

In conclusione, evidenzia Zaffonte, »la vicenda si è conclusa che, alla fine, tramite i reggini, Francesco Patitucci è riuscito a trovare» il ragazzo del Villaggio Europa, «che so per certo, per il sottobanco, ha dato 50mila euro a Francesco Patitucci. Questa cosa la so per certo per via del fatto che Alberto Superbo e Roberto Porcaro si lamentavano del fatto che loro avevano fatto e di questi 50mila euro non hanno visto nulla».

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