giovedì,Marzo 28 2024

Cosenza, “Piazza sicura”: effetto boomerang per le intercettazioni

Il provvedimento di inutilizzabilità delle captazioni telefoniche e ambientali fa emergere un'inchiesta avviata ma non (ancora) partorita della Dda di Catanzaro

Cosenza, “Piazza sicura”: effetto boomerang per le intercettazioni

È giurisprudenza ormai consolidata che le intercettazioni telefoniche, ambientali o telematiche non possono essere utilizzate da un procedimento penale all’altro in mancanza dei requisiti previsti dalle norme vigenti. L’ordinanza emessa nei giorni scorsi dal tribunale di Cosenza conferma questo orientamento. La questione era stata avanzata nell’ambito del processo “Piazza sicura”, ovvero quello sulla stabilità di piazza Bilotti, in riferimento a un’indagine prima archiviata dalla procura di Cosenza e poi “riesumata” dalla procura di Catanzaro, attraverso il passaggio delle captazioni da un’inchiesta all’altra.

Intercettazioni inutilizzabili, non è la prima volta

Il caso delle intercettazioni è da tempo che viene proposto e riproposto dinanzi ai giudici cautelari e successivamente a quelli di merito. Le eccezioni di questo tenore erano state formulate anche in altri processi importanti. Nell’ultimo periodo citiamo quello contro Pino Tursi Prato a Salerno (le cui intercettazioni provenivano dal procedimento penale “Thomas”, quello contro i professionisti “vicini” al clan mafioso di Nicolino Grande Aracri), Mario Russo a Paola e, soprattutto, quello contro Vincenzo Luberto e Ferdinando Aiello sempre a Salerno.

Gli atti del 2019 contenuti in “Lande desolate”

Quanto deciso dai giudici collegiali di Cosenza non è solo importante a livello processuale, perché fa tirare un mezzo sospiro di sollievo agli imputati, ma permette di conoscere quelle che sono state alcune inchieste antimafia coordinate dalla procura di Catanzaro che, allo stato attuale, rimangono in standby. Notizie investigative probabilmente nuove a una parte delle persone finite a giudizio, ma non alla nostra testata che nel 2019, in esclusiva, aveva riportato una serie di documenti contenuti nell’inchiesta “Lande Desolate”, quella che ha portato il 4 gennaio del 2021, all’assoluzione dell’ex presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio.

Quell’ipotesi iniziale di associazione mafiosa

Dentro “Lande Desolate”, c’era un mondo investigativo parzialmente esplorato dagli inquirenti, i quali, nonostante centinaia di intercettazioni telefoniche e ambientali, non erano riusciti, almeno all’epoca, a mettere i tasselli del mosaico al posto giusto, relativamente a una associazione mafiosa operante a Cosenza, che voleva ottenere lavori in sub-appalto, dall’imprenditore Giorgio Ottavio Barbieri. Una parte dei soggetti intercettati e pedinati, sono in “Piazza sicura”: dal costruttore romano all’ex sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto. Quelli assenti, invece, sono imprenditori edili che, secondo le tesi dell’epoca, sarebbero stati contigui alle cosche degli italiani: dal clan Perna al sodalizio capeggiato da Ettore Lanzino. Ipotesi rimaste tali dopo un periodo di “ascolto” medio-lungo.

Intercettazioni inutilizzabili, fa fede la sentenza delle Sezioni Unite

Il punto chiave del provvedimento emesso dal tribunale di Cosenza riguarda le linee guida in materia dettate dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza Cavallo del 28 novembre 2019). «Le Sezioni Unite hanno stabilito che il divieto di cui all’art. 270 del codice di procedura penale, di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate – salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza – non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex art. 12 c. p. p., a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era tata “ah origine” disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 c. p. p.».

I messaggi whatsapp tra Barbieri, Occhiuto e Tucci

Nell’ordinanza si fa espressamente riferimento alle intercettazioni disposte dalla Dda di Catanzaro per «l’accertamento della presenza e operatività nella provincia di Cosenza di una associazione a delinquere di stampo mafioso riconducibile al clan Perna» e a componenti di una famiglia che di recente è stata vittima di nuova intimidazione. I soggetti “attenzionati” in quel periodo in Lande Desolate erano per l’appunto Giorgio Ottavio Barbieri, Mario Occhiuto e Francesco Tucci.

«In tale ambito emergono le conversazioni telefoniche e i messaggi whatsapp» tra gli imputati citati. Le intercettazioni ascoltate riguardavano i lavori di piazza Bilotti a Cosenza «o meglio, le problematiche attinenti all’esecuzione/prosecuzione dei lavori, alle difficoltà economiche dell’impresa di costruzione dei Barbieri, alle conseguenti condotte che vengono poste in essere per redigere un Sal con dati non realistici al fine di non perdere i finanziamenti per l’opera».

Dall’inchiesta contro Muto alle indagini sulla ‘ndrangheta reggina

Inoltre, durante le intercettazioni erano emersi contatti tra Giorgio Ottavio Barbieri e i proprietari dell’Hotel Sibarys, nonché con persone legate, secondo la Dda di Reggio Calabria, alla ‘ndrangheta reggina, come nel caso di Giorgio Morabito. E non solo. In questo filone investigativo c’erano anche le risultanze di “Frontiera“, ovvero la maxi-inchiesta contro il clan “Muto” di Cetraro, dalla quale Barbieri e il suo braccio destro, Massimo Longo sono stati assolti sia in primo che in secondo grado. Qui spuntano le presunte richieste estorsive degli “italiani” a Barbieri, che in un primo momento la Guardia di Finanza reputava vittima del clan Muto, mentre dopo qualche mese, la procura lo aveva inquadrato quale finanziatore della cosca tirrenica. Gli inquirenti avevano inserito anche le captazioni relative alle opere pubbliche di Lorica e Scalea, agli atti di “Lande Desolate”. Insomma, c’era davvero di tutto.

Intercettazioni, le conclusioni del tribunale di Cosenza

«Da ribadirsi – scrive il collegio giudicante di Cosenza – come le intercettazioni da cui emergono i delitti di falso commessi nel 2015 rappresentino un mero input motivazionale per le successive intercettazioni, ma non risultino utilizzabili sulla base delle pregresse autorizzazioni, poiché manca un legame qualificato, una connessione sostanziale tra i diversi reati».

«Non emergono – aggiunge il tribunale di Cosenza – elementi di novità o, comunque, di rilievo rispetto ai fatti per cui si procede nell’ambito degli altri RIT attinenti ai due processi già indicati, diversi da quello che occupa. Non è ravvisabile alcun legame, alcuna connessione, che non sia occasionale e derivante dal collegamento delle indagini, tra i reati oggetto di autorizzazione e quelli per cui si procede, ove si consideri, tra l’altro, che la maggior parte degli odierni imputati non rivestiva la qualifica di persona indagata nell’ambito dei procedimenti richiamati, né è stata attinta dall’attività di captazione».

“Piazza sicura”, chi sono gli imputati

In conclusione, «la contestazione per il solo Giorgio Ottavio Barbieri, dell’aggravante di cui all’art. 7 L. n. 203/91 (ora art. 416 bis.1 c. p.) risulta del tutto decontestualizzata rispetto all’ipotesi di reato descritta al capo 1 della rubrica e alle emergenze captative, non consentendo di ricondurre i delitti di falso in un contesto unitario rispetto a quello del procedimento in cui le intercettazioni sono state disposte. Del tutto disancorati dal contesto dei reati oggetto di autorizzazione alle intercettazioni, risultano, quindi, gli ulteriori reati oggetto del presente processo, contestati agli imputati diversi da Giorgio Ottavio Barbieri». Il processo “Piazza sicura” è stato rinviato al 10 febbraio 2022, quando la Dda di Catanzaro sentirà cinque testi della sua lista d’accusa.

A giudizio, lo ricordiamo, ci sono Giorgio Ottavio Barbieri, Francesco Converso, Francesco Tucci, Gianluca Guarnaccia, Mario Occhiuto, Pasquale Torchia, Raffaella Angotti, Francesco Stellato, Carlo Vernetti, Paola Tucci, Raffaele Antonio Ferraro, Carlo Pecoraro e Antonino Alvaro. Nel collegio difensivo figurano gli avvocati Franco Locco, Nicola Carratelli, Pierpaolo Principato, Nicola Rendace, Franco Sammarco, Marco Facciolla, Anna Spada, Paolo Sammarco, Anna Marziano, Vincenzo Adamo, Francesco Gelsomino, Gregorio Barba, Massimo Zicarelli e Andrea Abbagnano.

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