domenica,Giugno 4 2023

Sul Tirreno i bimbi per curarsi sono costretti ad affrontare viaggi della speranza

Mancanza di personale, terapie ancora non attive, niente distrazioni per i più piccoli malati o bisognosi di cure che sono costretti, insieme alle loro famiglie, a emigrare altrove

Sul Tirreno i bimbi per curarsi sono costretti ad affrontare viaggi della speranza

Qualche giorno fa la nostra redazione aveva pubblicato un articolo-denuncia sulle condizioni di una famiglia di una bimba molto malata, costretta a pagarsi le cure. Quelle parole hanno scandalizzato l’intero comprensorio dell’alto Tirreno cosentino e non hanno lasciato indifferenti neppure tanti altri genitori di bimbi disabili o malati, che pure ogni giorno combattono un’estenuante battaglia per l’ottenimento e il riconoscimenti dei diritti. Queste famiglie vivono costantemente in un profondo disagio, in una sorta di limbo esistenziale che ha risucchiato le loro vite. Paura e senso di abbandono si impadroniscono delle loro vite, insieme all’incertezza del domani e l’impossibilità economica di far fronte alle malattie o disabilità dei loro figli.

Mancano personale e terapie

Questi genitori ci raccontano che nella Riviera dei Cedri, l’unica struttura pubblica a cui possono far riferimento è l’ambulatorio di Neuropsichiatria infantile della struttura sanitaria di località Petrosa a Scalea. Che, tra le altre cose, nei mesi addietro ha rischiato seriamente di chiudere i battenti. Qui arrivano quotidianamente decine di genitori e figli da ogni angolo del Tirreno cosentino. Le loro storie si somigliano, si intrecciano, sono costellate di dolore e sofferenza. Si rimane chiusi in delle stanze per ore, nella speranza che le terapie prima o poi sortiscano un qualche effetto. Chi frequenta quel posto parla di personale altamente qualificato, di eccellenza sanitaria, dice che quei percorsi terapeutici sono l’unico appiglio alle loro speranze. Ma come ogni struttura sanitaria calabrese, anche questa piccola oasi è falcidiata dalla carenza di personale. Così i bambini in lista di attesa per un posto diventano centinaia e la piscina interna che una volta riabilitava muscoli e psiche è diventata un deposito di cartoni. Ai bambini autistici va anche peggio. Le terapie Aba non sono ancora disponibili, sempre perché mancano figure adeguate. Secondo fonti accreditate, l’Asp starebbe lavorando proprio in queste settimane per risolvere l’incresciosa situazione.

Tra cure a pagamento e viaggi della speranza

Al momento, chi ha bisogno di sottoporsi a terapie comportamentali per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico può usufruirne gratuitamente all’ospedale di Rossano, sullo Ionio, dall’altra parte della Calabria, a più di due ore da Scalea. In provincia di Cosenza è la struttura accreditata più vicina. Oppure possono rivolgersi alle strutture private, autorizzate ma non accreditate, dove per un’ora di terapia si arriva a pagare anche 25 euro all’ora.

Niente attività

L’altro problema è che questi ragazzi sono socialmente tagliati fuori da ogni cosa. Non hanno alcuna attività da svolgere. Per loro non esiste lo sport, la danza, il divertimento, non esiste una vita al di fuori delle mura di un corsia d’ospedale o di un ambulatorio. Piccole realtà, come il centro diurno Teniamoci per mano di Praia a Mare, sono costrette ad autofinanziarsi e a occuparsi di un numero esiguo di persone con difficoltà, dieci, dodici al massimo. Il capitolo scuola, ancora molto impreparata, meriterebbe poi un capitolo a parte.

Un barlume di speranza dallo sport locale

“Eppur si muove”. Di recente si è parlato della volontà di acquistare un pullmino che trasporti i bambini, tutti, anche e soprattutto quelli con difficoltà, allo stadio comunale di Scalea, per assistere e prendere parte agli allenamenti della squadra del settore giovanile. L’inclusione passa sempre dai campi calcio. L’idea si è trasformata in un progetto concreto grazie al responsabile del settore giovanile, Giuseppe Servidio, e del presidente dell’Usd Scalea 1912, Vincenzo Verbicaro, che hanno supportato l’iniziativa di una mamma del posto, Renata Caroprese. A breve saranno rese note le modalità di raccolta fondi.

Vortice di dolore

Laddove ci sono bimbi malati, ci sono intere famiglie inabissate in un vortice di paura e disagio psichico. Spesso madri e padri finiscono in psicoterapia, sempre a proprie spese, per cercare di alleviare quel dolore costante che attanaglia le loro menti. Dietro ci sono storie di genitori che hanno rinunciato a tutto per curare i propri figli, ci sono storie di progetti andati in fumo, di speranze svanite e di passioni sepolte. Ci sono uomini e donne che hanno letteralmente annullato la propria esistenza. Ci sono uomini e donne che covano dentro di sé rabbia e frustrazione come lava di un vulcano e spesso sono travolti da pensieri subdoli, dai quali non ci si riesce a liberare. Si tratta di un problema più comune di quanti si pensi e decisamente sottovalutato, ma che nel Tirreno cosentino non trova spazio nelle strutture pubbliche.

Il parent training, questo sconosciuto

Nel nostro viaggio di sola andata all’inferno, abbiamo anche sentito il parere di alcuni esperti. Uno lo abbiamo raccolto nello studio pedagogico-didattico di Eleonora Aloise Pegorin, pedagogista esperta in Dsa (disturbi specifici dell’apprendimento) e Bes (bisogni educativi speciali), specializzata in Psicologia dell’età evolutiva e coaching infantile ed adolescenziale. Il suo centro pedagogico-didattico, uno dei pochissimi in Calabria, conta sull’aiuto di un’unica volontaria, Renata Ferraro, e sorge a Belvedere Marittimo. Qui, in un’ottica di ricerca e innovazione, si promuove prima di tutto il servizio di parent training. Si tratta di un intervento mirato ad “educare” la genitorialità in presenza di bambini con disturbi. E’ un processo educativo, riabilitativo e psicoterapeutico, uno strumento con cui gli esperti insegnano le abilità tecniche necessarie per gestire situazioni difficili. «Il coinvolgimento dell’intera famiglia nei processi riabilitativi – ci dice la dottoressa Aloise Pegorin – è fondamentale ed altrettanto fondamentale è che le famiglie non vengano lasciate sole». Al momento, invece, le famiglie del Tirreno cosentino lo sono e tra di esse c’è anche chi non ha più nemmeno la forza di chiedere aiuto.