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Il tribunale collegiale di Lamezia Terme, che presiede il processo antimafia “Alibante“, ha deciso di sostituire la misura degli arresti domiciliari all’imputato Vittorio Palermo, docente dell’Università della Calabria, accusato dalla Dda di Catanzaro di aver favorito la presunta associazione mafiosa riconducibile ai Bagalà. Palermo, lo ricordiamo, è stato attinto da misura cautelare e ha trascorso 17 mesi di detenzione in carcere, ed altri 19 mesi agli arresti domiciliari. Palermo ora è sottoposto alla misura dell’obbligo di dimora nel comune di Cosenza.
Gli avvocati di fiducia, Guido Contestabile, Francesco Giovinazzo e Mario Auriemma, in una nota, in attesa della conclusione dell’istruttoria dibattimentale, ancora in corso, dichiarano che Palermo «attende con serenità il termine del percorso giudiziario, riponendo estrema fiducia nello Stato di diritto, i cui principi sono applicati con rigore e scrupolo dal collegio giudicante. Lo Stato di Diritto – ricordano i penalisti – prevede che, sino al termine del percorso giudiziario, ogni decisione sia temporanea e sottoposta a successiva verifica».
«Il prof. Palermo – concludono – resta convinto che eventuali errori non debbano intaccare la fiducia nei confronti dello Stato di Diritto, inteso come sistema democratico, del quale i magistrati giudicanti costituiscono il presidio».