Un gruppo Facebook con oltre 32mila iscritti è finito al centro di una bufera mediatica e giudiziaria per la condivisione di foto intime delle mogli, apparentemente senza il loro consenso.

A denunciare la vicenda è stata l’associazione No Justice No Peace, impegnata da mesi con la campagna Not All Men, che raccoglie testimonianze di violenza e abusi. In un post su Instagram, l’associazione ha definito il fenomeno «una forma di abuso, pornografia non consensuale e misoginia sistemica», invitando gli utenti a segnalare il gruppo al social network.

Le foto private condivise dagli stessi mariti

Secondo quanto emerso, la pagina ospitava immagini di donne ritratte in contesti privati o quotidiani – dal divano di casa alla spiaggia – pubblicate dagli stessi mariti alla ricerca di approvazione e complicità maschile.

La denuncia pubblica ha scatenato una valanga di reazioni: migliaia di utenti indignati hanno commentato la pagina, mentre diversi hanno dichiarato di aver presentato denuncia alla polizia postale.

La reazione dei social

Facebook, investito da centinaia di segnalazioni, ha comunicato di aver rimosso il gruppo «per violazione delle nostre policy contro lo sfruttamento sessuale di adulti». Tuttavia, poche ore dopo, un nuovo gruppo con lo stesso nome è stato aperto, raccogliendo già migliaia di iscritti, segno della diffusione e della difficoltà di estirpare del tutto fenomeni simili.

Il ruolo della polizia postale

Il caso è ora seguito dalla polizia postale, reparto specializzato della polizia di Stato contro i reati informatici. L’attività investigativa può concentrarsi sull’identificazione degli amministratori e degli utenti che hanno diffuso le immagini, verificando eventuali responsabilità penali per diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite e violazione della privacy.