Crypto, il pg Luberto chiede la condanna anche di Suriano e Porcaro | NOMI
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Il sostituto procuratore generale di Reggio Calabria, Vincenzo Luberto, rappresentante della pubblica accusa nel processo “Crypto”, ha chiesto alla Corte d’Appello di Reggio Calabria di confermare la sentenza di primo grado. Parliamo del rito abbreviato della maxi indagine antimafia della Dda di Reggio Calabria contro una presunta associazione a delinquere dedita al narcotraffico operante in Europa e in Italia.
Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, sarebbe stata costituita una presunta associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, guidata dal gruppo Cacciola-Certo-Pronestì e attiva nella piana di Gioia Tauro, con ramificazioni in Sicilia e, in particolare, nella provincia di Cosenza. In quest’area, come vedremo, spicca la figura criminale di Francesco Suriano, considerato il promotore della cellula operante nel territorio cosentino. Dalle indagini è emerso che questa struttura riforniva gran parte della provincia, in particolare la città di Cosenza, grazie al legame di Suriano con Roberto Porcaro, all’epoca “reggente” della cosca “Lanzino-Patitucci” di Cosenza.
«Il fulcro centrale di questa associazione – si legge nel provvedimento – era la cellula di Rosarno, guidata dai fratelli Certo, Bruno Pronestì e Giuseppe Cacciola, che, grazie a canali di rifornimento dall’estero (come dimostrano i contatti con Alcantara e gli Stelitano), importava regolarmente ingenti quantità di stupefacenti. Questi venivano trasportati via terra fino a Rosarno e successivamente distribuiti ad altri gruppi criminali operanti in varie aree del Paese, come Amantea, Torino, Catania e Siracusa, per lo smercio nei mercati locali».
«A rafforzare ulteriormente l’accusa – spiega il giudice nel processo abbreviato “Crypto” – vi è il sistema di comunicazione utilizzato dai membri dell’organizzazione per pianificare le attività illecite, basato sull’invio di messaggi scritti con codici numerici intricati. Questo sistema, sofisticato e privo di spazi tra i codici, ha richiesto un lungo lavoro di decifrazione da parte delle forze dell’ordine. L’uso di tale metodo complesso dimostra l’esistenza di un legame stabile tra i gruppi criminali coinvolti, che operavano con modalità professionali e ben collaudate. Inoltre, l’utilizzo di SIM card tedesche, che permettevano comunicazioni “citofoniche” tra Rosarno e altre località italiane come Rivoli, Amantea, Paola e Catania, costituisce una prova significativa della solidità dell’accusa. Queste SIM card, tutte di origine rosarnese e differenziate solo per le cifre finali, venivano spesso attivate simultaneamente, confermando l’unicità della matrice criminale».
Secondo il giudice Giovanna Sergi, che ha presieduto il processo a Reggio Calabria, «il materiale probatorio» fornito dalla Guardia di Finanza, anche riguardo alla posizione di Francesco Suriano, «ha permesso di considerare fondata l’accusa mossa all’imputato al capo A dell’imputazione, essendo emersa una stretta alleanza affaristica tra i rosarnesi, l’imputato e il gruppo da lui diretto nel traffico di stupefacenti. Le sostanze, ottenute dalla cellula di Rosarno, venivano poi destinate all’alto Tirreno cosentino, in particolare la costa tirrenica e la provincia di Cosenza, fino ad arrivare in alcune zone della Valle dell’Esaro, per la distribuzione nelle aree di Amantea e dintorni».
Il giudice Sergi ha ritenuto «accertato che Francesco Suriano, proveniente dal territorio cosentino e nipote diretto di Tommaso Gentile (leader della cosca omonima e, durante la prima fase delle indagini, detenuto), aveva approfittato dell’assenza dello zio per consolidare il proprio peso criminale. Sfruttando il vuoto creatosi, aveva costruito una propria rete di approvvigionamento e, in generale, un’organizzazione composta da complici accomunati da interessi legati al traffico di droga, dimostrando un’elevata efficienza e professionalità», si legge nelle motivazioni della sentenza.
«Oltre alle prove raccolte riguardo ai singoli episodi contestati, a confermare le attività illecite dell’imputato vi sono anche le sue stesse parole. Durante conversazioni con i fratelli Certo e con Bruno Pronestì, Suriano faceva infatti riferimento ad alcuni affari legati alle pasticche di MDMA, comunemente note come ecstasy, che egli chiamava MDM, dimostrando di avere una certa competenza nel trattarle». La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha calendarizzato le discussioni delle difese. La sentenza è prevista per fine gennaio 2025.
Nel collegio difensivo figurano gli avvocati Annamaria Domanico, Fiorella Bozzarello, Carmine Curatolo, Francesco Calabrese, Salvatore Centorbi, Giuseppe Strano Tagliareni, Annunziato Alati, Giuseppe Grasso, Luciano Maria Brancato, Salvatore Pace, Giovanni Botti, Marco Felice Moda, Marco Mario D’Emanuele, Mirna Raschi, Claudio Strata, Giancarla Bissattini, Sabrina Mannarino, Valeria Romeo, Giuseppe Bruno, Domenico Peila, Anna Maria Macrì, Umberto Abate, Pietro Modaffari, Marco Gemelli, Giuseppe Serafino, Mauro Sgotto, Guido Contestabile, Ivonne Posteraro, Cosimo Palumbo, Francesco Albanese, Saverio Nicola Loiero, Davide Vigna, Sergio Rotundo, Antonio Davì, Carlo Morace, Carlo Monaco, Giovanna Araniti, Vincenzo e Luigi Bianco (difensori di Filippo Angelica), Cesare Badolato, Marco Azzarito Cannella, Carlo Esbardo, Susanna Maio, Caterina Sapone, Lorenzo Bullo, Vincenzo Merlino, Giuseppe Bruno, Leone Fonte, Angelo Sorace, Federico Sirimarco, Giorgio Pisani, Gennaro Palermo, Giovanni Vecchio, Stefania Gullo, Mario Santambrogio, Emanuele Zungri, Giuseppe Francesco Gioffrè, Lucio Antonio Abbondanza, Corrado Politi, Carmelo Naso e Lea Sprizzi.
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