Processo Reset, pugno duro contro il clan degli "zingari": le posizioni apicali
Processo Reset, pugno duro contro il clan degli "zingari": le posizioni apicali
Processo Reset, pugno duro contro il clan degli "zingari": le posizioni apicali
Processo Reset, pugno duro contro il clan degli "zingari": le posizioni apicali
Processo Reset, pugno duro contro il clan degli "zingari": le posizioni apicali
Processo Reset, pugno duro contro il clan degli "zingari": le posizioni apicali
Processo Reset, pugno duro contro il clan degli "zingari": le posizioni apicali
Processo Reset, pugno duro contro il clan degli "zingari": le posizioni apicali
Processo Reset, pugno duro contro il clan degli "zingari": le posizioni apicali
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Processo Reset, pugno duro contro il clan degli "zingari": le posizioni apicali
Processo Reset, pugno duro contro il clan degli "zingari": le posizioni apicali
Processo Reset, pugno duro contro il clan degli "zingari": le posizioni apicali
Il clan degli “zingari” di Cosenza ha subito condanne pesanti nel processo Reset. Per tante posizioni, il presidente Fabiana Giacchetti ha usato il pugno duro, aumentando le pene rispetto a quelle richieste dalla Dda di Catanzaro.
Non è andata bene ad Antonio Abruzzese alias “Strusciatappine”, ad Antonio Abbruzzese, classe 1984, figlio di Giovanni Abruzzese, a Franco Abbruzzese, alias “Brezza”, Luigi Abbruzzese, Marco Abbruzzese, Fiore Bevilacqua, alias Mano Mozza, Leonardo Bevilacqua, Andrea Greco, Maurizio Rango e Giuseppe Belmonte.
Altri invece hanno ottenuto una riduzione di pena. Parliamo di Nicola Abbruzzese, Rocco Abbruzzese, Francesco Curcio, Claudio Alushi, Cosimo Bevilacqua alias il Corvo, Antonio Marotta, alias “Capiceddra”, Luigina Bevilacqua ed Ettore Sottile.
Sono stati assolti, inoltre, Antonio Zinno, Antonio Abbruzzese, classe 1975 (Banana), Saverio Abbruzzese, Luigi Bevilacqua, Fabio Bevilacqua e Francesco Bevilacqua.
Ex componenti della cosca degli “zingari” vanno considerati Celestino Abbruzzese, Anna Palmieri, Ivan Barone e Gianluca Maestri, tutti condannati, ma sui quali torneremo in un altro momento.
I rapporti tra Roberto Porcaro e Luigi Abbruzzese, detto “Pikachu”, erano già emersi nel processo “Testa di Serpente”, tant’è vero che il tribunale collegale di Cosenza aveva già riconosciuto l’esistenza della confederazione mafiosa cosentina. Nel processo Reset hanno retto, oltre al contesto associativo, anche e soprattutto il narcotraffico dei “Banana“. Tutti i pentiti hanno parlato dei traffici illeciti della cosca rom che prendeva la droga sia dagli italiani di Cosenza che dai cugini di Cassano Ionio, come dimostrerebbe l’inchiesta Athena.
Per il clan degli “zingari” di Cosenza è il secondo duro colpo dopo “Testa di Serpente”, di cui si attendono le determinazioni della Corte d’Appello di Catanzaro.
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