
Reset, controesame sul narcotraffico: le posizioni degli Abbruzzese e dei "pusher"
Reset, controesame sul narcotraffico: le posizioni degli Abbruzzese e dei "pusher"
Reset, controesame sul narcotraffico: le posizioni degli Abbruzzese e dei "pusher"
Reset, controesame sul narcotraffico: le posizioni degli Abbruzzese e dei "pusher"
Reset, controesame sul narcotraffico: le posizioni degli Abbruzzese e dei "pusher"
Reset, controesame sul narcotraffico: le posizioni degli Abbruzzese e dei "pusher"
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Reset, controesame sul narcotraffico: le posizioni degli Abbruzzese e dei "pusher"
Il controesame delle difese del processo ordinario di “Reset” ha aperto la nuova udienza dibattimentale del procedimento penale contro la ‘ndrangheta cosentina. Gli interventi dei difensori sono stati lunghi e complessi dovendo tentare di far emergere la non responsabilità (o quasi) delle condotte contestate dalla Dda di Catanzaro, rappresentata nella seduta processuale dal pubblico ministero Vito Valerio.
I primi a prendere la parola sono stati gli avvocati Antonio Ingrosso e Gianpiero Calabrese, difensori di Nicola Bevilacqua, figlio di “Mano Mozza“. I legali hanno fatto rilevare che l’idea di costituire un gruppo escludeva il fatto che ne esistesse uno, ovvero quello degli “zingari“, confederato con gli italiani. Il teste Marco Bilotta ha inoltre spiegato che non sono state fatte indagini specifiche sui soldi che Bevilacqua avrebbe consegnato ad Andrea Greco, i quali avrebbero dovuto confluire nella “bacinella“. Inoltre sulla presunta attività di spaccio a Bisignano, luogo di residenza, non sono stati fatti approfondimenti investigativi. Sui soldi ricevuti da un ex amministratore di Bisignano, invece, la difesa ha sostenuto che si trattavano di somme di denaro (circa 3mila) relativi a un concerto, mentre non ci sarebbero riscontri rispetto all’intercettazione in cui parlavano lo zio Francesco e Roberto Porcaro. I difensori sono convinti che l’argomento non era la droga ma il mancato pagamento di un’auto.
Poi è stata la volta dell’avvocato Angelo Pugliese che ha esaminato il testimone qualificato sulle posizioni che difende, sempre nell’ambito della presunta attività di narcotraffico che sarebbe capeggiata dalla famiglia Abbruzzese. Dal punto di vista difensivo non sarebbero emersi elementi. Subito l’avvocato Maurizio Nucci, che ha posto in esame i rapporti, in particolare, tra Andrea Carpino e i fratelli Abbruzzese. Nel corso del controesame, il difensore ha fatto emergere l’assenza di contatti per la durata di un anno (dal 2018 al 2019) tra il suo assistito e i fratelli Luigi e Marco, nonché con altri componenti dei “Banana“. Controesame anche per la posizione di Cosimo Bevilacqua e Mario Trinni. Altre domande sono state poste dall’avvocato Filippo Cinnante per conto di Rosaria Abbruzzese, sorella di Luigi, Marco, Nicola e Franco. L’unica volta che è stata intercettata? In carcere alla presenza di altri familiari mentre gli stessi erano andati a trovare il fratello Luigi Abbruzzese. La figura della presunta contabile del gruppo Abbruzzese non emerge, ha fatto notare l’avvocato Cinnante, nei processi Job Center (dov’era imputato il fratello, oggi pentito, Celestino alias “Micetto“), e Testa di Serpente, mentre Rosaria Abbruzzese indagata in “Athena” è soltanto omonima dell’imputata di “Reset“.
Durante il controesame dell’avvocato Fiorella Bozzarello, invece, sono state prese in considerazione i fatti contestati a Ivan Trinni. Il legale, tra le righe, ha fatto rilevare come il suo assistito possa aver acquistato della droga per uso personale senza avere un interesse nella fase di spaccio per conto degli Abbruzzese. Su Pasquale Bruni, inoltre, è emersa la conoscenza e amicizia di vecchia data con Salvatore Ariello, che andava a prendere ogni mattina, ma non avrebbero commesso reati insieme. Altra posizione trattata è quella di Rosina Arno, moglie di Ariello, che avrebbe commentato l’arresto di Porcaro e da ciò la Dda, oltre ad altri elementi, ha ipotizzato che fosse a conoscenza delle dinamiche criminali del clan “Lanzino“, come evidenziato anche dalle domande poste dall’avvocato Luca Acciardi. E ancora: il controesame dell’avvocato Giuseppe De Marco, difensore di Francesca Tiralongo, intercettata soltanto una volta e inserita nel supposto narcotraffico degli Abbruzzese. Dopo quella captazione non è stata captata in altre circostanze.
L’avvocato Chiara Penna si è soffermata su Antonio Colasuonno indicato dalla pubblica accusa come un pusher degli Abbruzzese. È stato fatto riferimento anche che l’imputato fosse un pregiudicato ma il difensore ha fatto notare che si tratta di una persona incensurata che a “Testa di Serpente“, è stata assolta con formula piena, nella vicenda del “buco“, o meglio l’intercapedine, dove gli Abbruzzese avrebbero nascosto armi e droga. In una circostanza, Colasuonno accompagna Luigi Abbruzzese, alias “Pikachu“, che secondo la Dda avrebbe poi consegnato una “partita” di droga a un’altra persona, con l’imputato che guidava la macchina in cui sedeva il presunto “reggente” degli “zingari”. Domande sono state poste pure dall’avvocato Francesco Gelsomino per Paolo Recchia che avrebbe avuto contatti esclusivamente con Andrea Greco, ma non altri esponenti dei “Banana“.
Sul fronte degli italiani, l’avvocato Luca Acciardi ha chiesto al teste se nella presunta associazione dedita al narcotraffico contestata agli “zingari” di Cosenza ci fossero soggetti legati al clan “Lanzino” e ha risposto di no, mentre i proventi illeciti del narcotraffico dei nomadi non si sa se siano finiti nelle “casse” degli italiani. Infine, il difensore Acciardi ha inteso capire se vi fossero rapporti tra Mario “Renato” Piromallo con gli “zingari“, (ha detto “No“), e se il cognato Andrea De Giovanni avesse contratto un debito di droga con i “Banana” (ha risposto di “Sì“). Piccolo passaggio su Cristian Francesco Ruffolo, su cui Bilotta aveva accennato qualcosa, relativamente a una sparatoria contro un ristorante di Cosenza e una rissa, nella parte finale dell’esame, come risulta dalle trascrizioni.
L’avvocato Cristian Cristiano ha illustrato i temi difensivi, con i relativi quesiti, per Fabrizio Fuoco (per il quale non coincidono le date sulla presunta relazione con la Tiralongo), Pasquale De Rose (sul quale non ci sono elementi certi per ritenere che era stato identificato con l’alias “vecchiareddra”) e Pasquale Bruni (il quale non avrebbe partecipato a incontri per le attività di spaccio). Da un’intercettazione invece la Dda ha dedotto che Andrea Greco, il quale ha avuto diversi contatti con elementi di spicco degli Abbruzzese, sarebbe legato all’attività di narcotraffico, ma l’avvocato Giorgia Greco ha chiesto delucidazioni se il suo assistito abbia mai incontrato (e consegnato denaro) a Rosaria Abbruzzese. L’ufficiale di polizia giudiziaria ha risposto in maniera negativa.
Alla ripresa sono intervenuti l’avvocato Domenico Caputo (per la posizione di Alessandro Stella, per il quale non emergerebbe una piazza di spaccio che avrebbe dovuto gestire per gli Abbruzzese di Cosenza), gli avvocati Fabio Bonofiglio e Vincenzo Guglielmo Belvedere (difensori di Francesco Casella, accusato di aver fornito indicazioni agli Abbruzzese per condurre le attività di narcotraffico ma su cui hanno riferito esclusivamente alcuni collaboratori di giustizia menzionati da Bilotta senza attività ulteriori rispetto alle condotte presenti nel capo d’accusa) e il penalista Antonio Quintieri che assiste in questo capitolo investigativo Antonio Lucà (caduto in “bassa fortuna” come si dedurrebbe da alcune intercettazioni), Rosaria Abbruzzese (dove in una prima intercettazione si parla del processo “Job Center” e in un’altra la Rosaria Abbruzzese sarebbe la figlia di Marco Abbruzzese e non l’imputata, captazione presente in “Testa di Serpente“) e Pasquale Bruni.
Il pm Vito Valerio ha fatto domande nel riesame sull’approvvigionamento degli Abbruzzese, parlando dei contatti tra Andrea Greco e Salvatore Ariello. Si parlava di cocaina, ha dichiarato il teste. Poi è spuntato fuori il nome “Renato” che dovrebbe essere Mario Piromallo, sempre in relazione alla “bianca“. Sulla “bacinella“, ha specificato che i conti «li teneva Antonio Abbruzzese, il marito di Rosaria, e lui srtesso si interfacciava con Luigi Abbruzzese». Inoltre, «Nicola Bevilacqua non ha mai parlato di feste e cantanti con l’allora amministratore di Bisignano», ha ricordato il teste rispondendo al pubblico ministero. Infine, domande esplicative sull’identificazione di Giovanni Aloise e sulle restanti posizioni processuali.
L’imputato detenuto Ivan Trinni ha rilasciato, al termine dell’udienza, dichiarazioni spontanee: «Con Andrea Greco abitiamo a quattro metri di distanza, ci trovavamo il giorno a portare fuori i cani. Io non ho mai avvisato Greco, il quartiere di Vaglio Lise è sempre stato attenzionato dalle forze dell’ordine, non ho avuto a che fare con lui per lo spaccio. Con Andrea sono stato anche compagno di classe». Poi Trinni ha contestato la ricostruzione di un Rit in relazione alla cessione di droga di tipo cocaina. «Se avessi speso 160 euro, a quanto avrei dovuto rivenderla?» ha detto Trinni facendo emergere, dal suo punto di vista, il ruolo di acquirente e non di pusher.
L’avvocato Domenico Caputo ha chiesto la sostituzione della misura cautelare in ordine alla posizione di Alessandro Stella. Stessa cosa dicasi per Antonio Colasuonno, difeso dall’avvocato Chiara Penna. La penalista ritiene che non vi siano elementi per mantenere il suo assistito in carcere rispetto a quanto emerso nel dibattimento. La Dda tuttavia ha espresso parere contrario. Il tribunale di Cosenza si è riservato.
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