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Strage di San Lorenzo del Vallo, le motivazioni della Cassazione

Strage di San Lorenzo del Vallo: la Cassazione accoglie sette degli undici motivi di ricorso presentati dall'avvocato di Luigi Galizia. Ecco la sentenza nel dettaglio.

Strage di San Lorenzo del Vallo, le motivazioni della Cassazione

La prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha depositato nella giornata di oggi le motivazioni della sentenza di annullamento con rinvio della condanna all’ergastolo per Luigi Galizia, ritenuto dalla procura di Castrovillari, l’autore della cosiddetta strage di San Lorenzo del Vallo, avvenuta nell’ottobre del 2016. All’epoca, infatti, due donne – la mamma e la sorella di Francesco Attanasio – furono assassinate senza pietà all’interno del cimitero cittadino. Le indagini della procura di Castrovillari, coordinate al momento dei fatti dall’ex procuratore capo, Eugenio Facciolla, avevano individuato quale presunto responsabile del duplice delitto proprio Luigi Galizia, fratello di Damiano, ucciso a sua volta da Francesco Attanasio, nel mese di aprile del 2016, in un appartamento situato ad Arcavacata di Rende. 

La Cassazione, di recente, ha annullato la condanna al “fine pena mai” per Luigi Galizia, accogliendo il ricorso presentato agli ermellini dall’avvocato Cesare Badolato. Undici motivi esposti al presidente Mariastefania Di Tomassi e al relatore Luigi Fabrizio Augusto Mancuso, di cui sette pienamente condivisi dalla Corte e quattro ritenuti infondati. Su questo dunque dovrà esprimersi la nuova sezione della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro.

STRAGE DI SAN LORENZO DEL VALLO, I MOTIVI ACCOLTI

  • Lo Stub La difesa di Luigi Galizia aveva manifestato illogicità della motivazione per quanto concerne il rinvenimento delle particelle di polvere da sparo all’interno dell’auto sequestrata e sugli indumenti presenti sul sedile posteriore.  Sul punto, la Cassazione scrive che «la Corte di assise di appello ha manifestato, nell’ambito della sentenza di secondo grado, di condividere l’attribuzione di un peso indiziario significativo a detto ritrovamento di tracce di sparo, ma, nel trattare le obiezioni della difesa sull’argomento, ha reso un discorso giustificativo privo della necessaria chiarezza e, quindi, incongruo. L’analisi delle argomentazioni esposte nella sentenza di appello nel trattare il tema delle tracce di polvere da sparo non risulta coerente, perché non consente di comprendere se il giudice di secondo grado abbia ritenuto ricollegabili tali tracce al duplice omicidio per cui è processo». 
  • Univocità Secondo l’avvocato, Cesare Badolato «giudici hanno ritenuto provata la responsabilità penale di Luigi Galizia sulla base di indizi privi dei requisiti della gravità, precisione e concordanza. In particolare, è carente il requisito della univocità, dal momento che il movente della vendetta – fondamentale nella ricostruzione operata in sentenza – non appare l’unica possibile spiegazione della Poco prima di uccidere il fratello del ricorrente, l’Attanasio aveva rivelato agli inquirenti l’esistenza di un arsenale di armi verosimilmente appartenente a una potente organizzazione criminale; potrebbe, allora, essere stata quest’ultima a ordire la vendetta, e appare del tutto illogica la motivazione con cui nel provvedimento è esclusa tale possibilità». 
  • Mancanza di motivazione Per l’avvocato difensore dell’imputato, «la Corte di Assise di appello si limita a ripercorrere l’iter del procedimento di primo grado e argomenta la sua decisione con una mera formula di stile, non indicando, ad esempio, quali siano le dichiarazioni testimoniali a fondamento della decisione e quale contributo abbiano fornito gli accertamenti balistici». 
  • Mancata valutazione delle prove Nel sesto motivo il legale di Luigi Galizia, aveva contestato «travisamento o mancata valutazione delle prove volte a confermare che l’imputato poteva avere avuto conoscenza degli spari prima delle 10.19. I giudici fondano la loro decisione sulla circostanza che, quando Galizia si allontana da San Lorenzo del Vallo, la notizia dell’omicidio non è ancora di dominio pubblico. Questo, però, contrasta con i contenuti delle deposizioni testimoniali: del custode del cimitero, che ha riferito che a causa degli spari molte persone che si trovavano al suo interno fuggivano; del titolare del bar, che, tornatovi tra le ore 10.15 e le ore 10.20, afferma che la notizia dell’omicidio si era già sparsa; del Montone, che non ricordava se, al momento della notizia degli spari, Luigi Galizia era ancora al bar. È dunque illogico pensare che la voce non fosse giunta al bar, atteso che in molti stavano fuggendo dal cimitero».
  • Altre prove testimoniali La difesa nel settimo motivo ha dedotto «ravisamento delle prove in relazione alle dichiarazioni testimoniali volte a escludere la possibilità per Luigi Galizia di vedere dal bar le persone a bordo degli autoveicoli. Luigi Galizia, dalla posizione in cui si trovava all’interno del bar, non era in grado di vedere transitare le autovetture, e i giudici, al riguardo, hanno completamente travisato il contenuto delle deposizioni testimoniali del Montone e del Misurelli, altro avventore del bar. Entrambi hanno infatti sostenuto l’impossibilità, per chi si trovava nella stanza ove giocavano a carte, di vedere chi passava in strada, perché la stanza era ubicata a un livello inferiore, le finestre erano sbalzate in alto e quel giorno erano chiuse».
  • La premeditazione L’avvocato Badolato, infine, ha evidenziato la «carenza di motivazione circa la sussistenza della premeditazione. A fondamento del riconoscimento dell’aggravante i giudici pongono solo il dato cronologico, mentre nulla viene detto in ordine a quello ideologico o alla sussistenza di elementi estrinseci sintomatici, come l’organizzazione di un piano o la predisposizione di un agguato», mentre nell’undicesimo motivo accolto, la difesa di Galizia ha sottolineato la «carenza di motivazione derivante dalla mancata considerazione dell’esposizione difensiva diretta a negare la sussistenza della circostanza aggravante dei motivi abietti o futili. Nel caso di un omicidio per vendicare un familiare, non può parlarsi di motivi “futili”, ma solo “abbietti”. Il giudice, tuttavia, nel compiere tale valutazione, non può prescindere dai riferimenti culturali e sociali che caratterizzano l’ambiente in cui Luigi Galizia vive».

STRAGE DI SAN LORENZO DEL VALLO, I MOTIVI INFONDATI

Sono quattro, invece, i motivi ritenuti infondati dalla Corte di Cassazione. Nel primo caso, si parla dell’inosservanza di norme processuali per mancata valutazione di inammissibilità della lista testimoniale del Pubblico Ministero trasmessa a mezzo pec e non depositata in cancelleria, risultano pienamente condivisibili, sul piano giuridico, le osservazioni rese sul punto nella sentenza di appello». In questo caso, la prima sezione penale ha scritto che non c’è stata alcuna compromissione dei diritti difensivi.

Nel quinto motivo, inoltre, la difesa di Galizia aveva posto l’accento sul fatto che la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro aveva escluso «la rilevanza della mancanza di prove testimoniali circa la presenza di Luigi Galizia nel cimitero al momento del duplice omicidio». Sul punto, scrivono gli ermellini, «deve notarsi che la mancanza di prove in tal senso non ha alcuna valenza decisiva ma costituisce un dato neutro, perché, potendo essere ricondotta a svariate ragioni, è logicamente compatibile sia con l’affermazione sia con la negazione della presenza di Luigi Galizia sul posto in tale momento».

La richiesta di ascoltare il testimone “chiave”

La difesa, nel processo di secondo grado, aveva chiesto la riapertura dell’istruttoria dibattimentale per sentire un testimone “chiave” della vicenda. Il legale infatti avrebbe voluto chiarire «la presenza di Luigi Galizia al bar Aceto nel momento in cui giunse ivi al notizia del duplice omicidio perpetrato all’interno del cimitero» ma per la Cassazione «le spiegazioni della sentenza di appello, circa la non decisività della rinnovazione dell’assunzione del teste, sono pienamente convincenti, a tacer d’altro, nella parte in cui si nota in modo preciso che le dichiarazioni rese dal Montone alla difesa il 16 luglio 2018, allegate all’atto di appello, circa la presenza di Luigi Galizia al bar Aceto nel momento in cui le prime persone giunte dal cimitero riferirono dell’avvenuta sparatoria, era smentito dalle dichiarazioni che lo stesso Montone aveva precedentemente reso in dibattimento, ove aveva affermato, fra l’altro, che già in quel momento “non faceva più caso se era presente l’amico Luigi”». 

Infine, il difensore di Luigi Galizia (difeso anche dall’avvocato Francesco Boccia) aveva criticato le «considerazioni espresse dal giudice di appello circa i tempi ipotizzati per la commissione del delitto, e a sindacare l’utilizzabilità, a tal fine, delle risultanze della consulenza tecnica disposta dal Pubblico Ministero sui tempi necessari per i movimenti fra i punti del territorio di San Lorenzo del Vallo». Gli ermellini, concludono, affermando che «possibilità di svolgere una consulenza tecnica sul tema non è preclusa da alcuna norma e la deposizione in dibattimento del consulente tecnico del Pubblico Ministero sull’argomento non è affetta da alcuna causa di invalidità. Pertanto, nessun vizio della decisione può essere ricollegato all’utilizzo di tali dichiarazioni per la decisione». 

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