Le pressioni del clan Bellocco di Rosarno arrivano fino a Castrovillari
Un credito da recuperare per la vendita di un immobile costringono un costruttore a rivolgersi al nipote del boss della Piana di Gioia Tauro
Non solo il territorio di Cosenza sembra attirare gli interessi illeciti della cosca Bellocco di Rosarno, ma, da come si evince dalle carte dell’inchiesta, nel mirino della Dda di Reggio Calabria, sono finiti anche due soggetti residenti nel comune di Castrovillari.
Nel primo caso si tratta di un indagato, Fabio Paduano, nel secondo invece di un costruttore edile, ritenuto vittima sia del presunto reato di estorsione che di una presunta tentata estorsione. Due ipotesi delittuose entrambe aggravate dal metodo mafioso. Preliminarmente, evidenziamo che il gip di Reggio Calabria ha riconosciuto la gravità indiziaria solo per il capo 18, la presunta tentata estorsione mafiosa, dove sono inquisiti Gianfranco Nocera, Fabio Paduano, Francesco Benito Palaia – che ritroviamo anche in questo caso dopo i contatti con Fausto Pizzuti – e Luigi Ventra. Fatti commessi, secondo la Dda di Reggio Calabria, tra Rosarno e Castrovillari nel periodo antecedente all’estate del 2019.
La presunta estorsione mafiosa
La Dda di Reggio Calabria ipotizza che Nocera, Palaia e Ventra, avrebbero minacciato il costruttore edile di Castrovillari «ad adempiere alla dazione della somma di 1.500 euro promessa quale compenso estorsivo per l’attività effettuata da Francesco Benito Palaia per far ottenere a quest’ultimo un pagamento dovuto da un soggetto non identificato, conseguendo il pagamento della somma di 2.500 euro, ricevuti materialmente da Ventra e Nocera, che versavano la somma di 2mila euro a Francesco Benito Palaia, con pari danno per la persona offesa.
La presunta tentata estorsione mafiosa
Nel secondo capo d’accusa, riguardante la vicenda di Castrovillari, i magistrati antimafia coordinati dal procuratore Giovanni Bombardieri evidenziano come Palaia avesse incaricato ripetutamente «Luigi Ventra, per il tramite di Gianfranco Nocera, e Fabio Paduano, anche mediante la minaccia di inviare alcune persone da Rosarno, di richiedere» alla presunta vittima «il pagamento della somma di 15mila euro ovvero di recarsi presso di lui personalmente per ricevere tale richiesta». Ma Palaia aveva chiesto al costruttore edile di Castrovillari un’ulteriore somma alla persona offesa di due-tremila euro, per motivi che illustreremo più avanti.
Da Rosarno a Castrovillari, i dettagli dell’inchiesta
Tra parole dette e non dette, a volte anche utilizzando un linguaggio criptico, come la circostanza di comprare un giocatore tra le società della Palmese e del Castrovillari, il gip di Reggio Calabria spiega in modo chiaro, e dal suo punto di vista inequivocabile, la genesi della vicenda giudiziaria che nasce per un motivo ben preciso. «Dal complesso delle risultanze sopra esposte, infatti, si comprende che» l’imprenditore di Castrovillari «dovendo rientrare di un credito pari a 180mila euro relativo alla vendita di un immobile ad una non meglio specificata acquirente aveva ricercato l’intermediazione del referente mafioso rosarnese con il quale si era interfacciato tramite lo zio acquisito di Palaia, Gianfranco Nocera, e Luigi Ventra. L’accordo verosimilmente concluso nel mese di agosto 2019 prevedeva che in cambio della soluzione della annosa controversia con l’incasso da parte» del costruttore «della somma di 130mila euro (in luogo di quella dovuta di 180mila euro) il costruttore avrebbe versato al Palaia quale commissione per la “mediazione mafiosa” la somma di 15mila euro».
Ma non è finita qui. Il giudice cautelare di primo grado rileva infatti che «nel mese di settembre Francesco Benito Palaia, dovendo concludere un altro affare con altri soggetti di Castrovillari, aveva necessità di incassare il “compenso” pattuito che riteneva gli fosse dovuto a prescindere del fatto che» il costruttore di Castrovillari «fosse venuto in possesso del capitale preteso o meno (una sorta di obbligazione di mezzi e non di risultato). Per tale ragione sollecitava» la persona offesa «al pagamento tramite lo zio Nocera e Ventra, che da quanto si comprende avevano costituito il trade union con il “cliente” in modo non disinteressato, e tramite un compaesano» del costruttore, ovvero «Fabio Paduano».
«Tuttavia, una volta appreso delle resistenze» del costruttore «il quale sosteneva che l’accordo iniziale prevedeva che avrebbe pagato il compenso per la mediazione solo a risultato ottenuto, Palaia contattava direttamente al telefono il costruttore con cui aveva una certa confidenza rivolgendogli minacce, anche esplicite, finalizzate al pagamento immediato della somma pretesa».
Retromarcia
La questione poteva assumere contorni più gravi se il 17 settembre 2019 Palaia, avendo capito che fine avessero fatte alcune somme già consegnate dal costruttore agli altri soggetti vicini al cognato del boss Umberto Bellocco, non avesse fermato i suoi uomini, giunti nella città del Pollino per punire la persona offesa. «Allora, questa mattina io ho mandato certe persone di Rosarno a venirti a trovare al paese tuo. Mi chiam … mi arriva il messaggio tuo che è tutto apposto … prendetevi la macchina e tornatevene. L’altro giorno la stessa cosa».
Le ulteriori valutazioni del gip di Reggio Calabria
«Il giudicante ritiene che l’incasso della somma di 2500 euro (in realtà Palaia incassa la minor somma di 2000 euro) pagata spontaneamente» dal costruttore «prima che Palaia lo facesse destinatario delle minacce il 17 settembre 2019, ancorché trattenuta da Nocera che poi la consegnava a Palaia su sollecitazione» della persona offesa «in un secondo momento, non integra l’evento del “danno” per la persona offesa in assenza di un rapporto causa-effetto tra la minaccia posta in essere da Palaia (dopo) e la consegna della predetta somma da parte del costruttore edile (avvenuta prima della minaccia)».
«Tuttavia, non vi è alcun dubbio sul fatto che la condotta posta in essere da Palaia il 17.9.2019 (dopo aver appreso dell’invio di una somma di 2.500 euro) configuri, di per sé, un’ipotesi di tentativo punibile di un reato di danno avendo Palaia rivolto» al costruttore «minacce esplicite ed implicite facendo valere il suo prestigio criminale affinché il costruttore pagasse tutta la somma convenuta a titolo di provvigione per la mediazione mafiosa». In conclusione, il gip evidenzia la sussistenza della gravità indiziaria per Palaia, ma la esclude per Nocera, Ventra e Paduano, i quali, per questa vicenda, rimangono indagati a piede libero ma con un quadro indiziario abbastanza scarno.
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