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Non è reato per le coppie che si sottopongono alla gestazione per altri praticata in un stato in cui è consentita e non si può procedere nei loro confronti quando il reato è stato commesso interamente nello stato estero in assenza di autorizzazione a procedere del ministro di giustizia ai sensi dell’art. 9 comma 2 c.p. È quanto sentenziato dal tribunale monocratico di Cosenza nei confronto di un uomo e una donna cosentini accusati dalla procura di Cosenza di aver realizzato e organizzato la surrogazione di maternità in Ucraina che, secondo gli inquirenti, sarebbe avvenuta attraverso il ricorso alla cosiddetta “gestazione per altri“. Per l’ufficio di procura, il padre biologico, dopo la nascita della bambina, si sarebbe recato in Ucraina con la madre per portarla in Italia, procedendo alla registrazione.
Il processo, svoltosi davanti al giudice Stefania Antico, è servito per far emergere quanto sostenuto dalla difesa degli imputati, rappresentati e difesi dall’avvocato Francesco Acciardi. Nel dispositivo della sentenza, infatti si legge il non doversi procedere nei confronti della coppia cosentina stante l’improcedibilità per assenza di richiesta del ministero della Giustizia.
Agli atti del fascicolo è stata allegata la memoria difensiva, secondo cui gli imputati si erano recati in Ucraina avendo ricevuto rassicurazioni sulla fattibilità e liceità della condotta, con accurate consulenze mediche e legali ricevute sul posto. Così proprio nel Paese in cui vige un conflitto armato con la Russia, i due avevano avviato la fecondazione surrogata, grazie alla quale è avvenuta la nascita della bimba, registrata proprio in Ucraina.