Anche gli estortori hanno un cuore. E davanti alle difficoltà delle proprie vittime, arrivano a chiudere un occhio. Lo dimostra il pizzino che, dopo il suo arresto, Adolfo Foggetti, pezzo grosso del clan Rango-Zingari, avrebbe voluto far giungere nelle mani del nuovo capocosca rimasto in libertà. Un foglietto di carta su cui erano elencate una serie di vittime di estorsioni “sicure”, gente abituata a piegarsi e pagare, commercianti a cui rivolgersi per continuare a incassare denaro facile. Nella lista figurano negozi e discoteche di Cosenza nonché attività turistiche e balneari di Paola, luogo in cui – prima di pentirsi – lo stesso Foggetti aveva assunto la reggenza criminale.

E proprio nella città del Santo, in occasione della festa del patrono prevista per il 4 maggio, il clan Rango-Zingari avrebbe dovuto esercitare il racket sugli ambulanti che, annualmente, accorrono da tutto il Mezzogiorno con i loro stand espositivi. La cifra richiesta all’epoca era una tantum da cinquemila euro che i commercianti avrebbero dovuto raccogliere e poi versare nelle casse dell’organizzazione; con un’avvertenza, però, messa nero su bianco dal futuro pentito: «Se c’è crisi, evitate di gettarli sull’astico».

Ovviamente, intendeva dire «sul lastrico», ma orrori lessicali a parte, la circostanza rende onore a uno dei tanti sinonimi assunti dalla mafia nel corso dei decenni: quello di Sindacato del crimine. La storia del pizzino è già nota: era indirizzato «a Cosimino» che, in seguito, il pentito identificherà in Cosimo Bevilacqua, ossia colui il quale avrebbe dovuto assumere la guida della cosca dopo l’arresto dei vecchi capi.

Quel messaggio, Foggetti avrebbe dovuto farlo arrivare a destinazione per il tramite dei suoi familiari, ma com’è noto poi a metà dicembre del 2014 iniziò a collaborare con gli inquirenti. E così l’ormai celebre bigliettino finì nelle mani dei carabinieri.