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Dal Salvarosa (frazione di Castelfranco Veneto) al Cosenza, con in mezzo altre 16 squadre (Treviso, Ascoli, Padova e Reggina allenate in più occasioni). Giuseppe Pillon, per tutti Bepi, è certamente uno degli allenatori più navigati ed anche importanti per quel che riguarda la cadetteria italiana. Lo è dall’alto dei suoi 64 anni appena compiuti e, soprattutto, grazie alle quasi 700 panchine in carriera dalla Promozione fino ai preliminari di Champions League con il Chievo Verona, il punto più alto toccato dal tecnico trevigiano in 28 anni di carriera.
Dalla A Col Treviso…
Quella alla guida del Chievo Verona e dei preliminati della massima competizione europea nell’estate dell 2006 è una delle storie più belle della lunga carriera di Pillon. Ma per raccontarla bisogna tornare indietro all’ottobre del 2004. Pillon è reduce da una brutta esperienza a Bari, dove non riesce a salvare la squadra dalla retrocessione in Serie C (anche se poi i biancorossi vengono ripescati). Ma per la stagione 2004/05 il tecnico di Preganzol non ha trovato ingaggio. Dopo le vacanze a Muravera, in Sardegna, Bepi è tornato nel suo paese ed aspetta la chiamata giusta. Il 23 ottobre il Treviso cede in casa per 2-0 contro l’Albinoleffe. Per il presidente Setten arriva il momento di cambiare in panchina. C’è da affrontare il derby con il Vicenza. La squadra punta in alto ma è ultima in classifica. Al “Menti” guida la squadra il secondo Feltrin ed addirittura vince per 1-0, ma è tutto pronto per il grande ritorno a Treviso di Giuseppe Pillon. Eh sì, perché da quelle parti è già un mito vivente. E’ stato infatti l’allenatore in grado di portare i biancocelesti dalla Serie D fino alla Serie B, vincendo di fila ben tre campionati, visto che allora la Serie C era divisa in C1 e C2. Pillon inizia con un pareggio interno contro il Piacenza, ma la squadra guidata dall’esperienza di Ballotta in porta e Carrera in difesa, da un emergente Foggia a centrocampo e dai gol di Barreto e Reginaldo, piano piano inizia la risalita ed a fine anno centra un inaspettato 4° posto che significa play-off per l’accesso in Serie A.
In quell’anno, con la riforma dei campionati, le promozioni in massima serie sarebbero state soltanto 3. Il Genoa arriva primo ottenendo il ritorno in Serie A, alle sue spalle si classificano nell’ordine Empoli (anche loro promossi), Torino, Perugia, Treviso ed Ascoli (che si sarebbero sfidate per l’ultimo posto utile alla Serie A). Torino e Perugia partono nettamente favorite, tant’è che eliminano senza problemi rispettivamente l’Ascoli ed il Treviso di Pillon nelle semifinali. I granata poi hanno la meglio nell’atto conclusivo della post season e sono in Serie A… ma solo per qualche settimana. Infatti la classifica viene riscritta. Mentre il Genoa, viene retrocesso d’ufficio in Serie C per la combine dell’ultima giornata contro il Venezia, sia il Torino che il Perugia non forniscono garanzie economiche necessarie per l’iscrizione alla Serie A, con i granata che rinunciano alla promozione e ripartono dalla B, ed i grifoni che usufruiscono del Lodo Petrucci ripartendo dalla C1. In Serie A ci vanno quindi Empoli, Treviso ed Ascoli. Pillon completa l’opera con la promozione nella massima serie. Incredibile ma vero. Dopo le due esperienze negli anni ’20, il Treviso è in Serie A ed a portarcelo è lo stesso allenatore che 8 anni prima li aveva riportati dalla D alla B. Un’apoteosi.

… alla Champions col Chievo
Ma la favola con il Treviso si ferma lì. Non ci sarà Pillon a guidare i biancocelesti in Serie A. Infatti al tecnico è arrivata la chiamata del Chievo Verona, squadra al quinto anno consecutivo in Serie A che dopo la stentata salvezza dell’anno prima, vuole ripartire da Pillon per provare a salvarsi senza affanni. Un’occasione troppo ghiotta da poter rifiutare per Bepi. Siamo nell’estate del 2005, il calcio italiano è attanagliato da un male oscuro che sarebbe venuto fuori da lì a poco e che avrebbe riscritto la storia pallonara del nostro paese. Il Chievo Verona però sembra un’isola felice. Pillon parte bene e rimane imbattuto da settembre a dicembre, una striscia di ben 10 risultati utili consecutivi che alla fine del girone d’andata, innalza il Chievo al 6° posto. La squadra gioca a memoria ed è figlia di quella che con Delneri sorprese tutti qualche anno prima. Sono cambiati, forse in meglio, gli interpreti. L’attacco è guidato da Amauri e Pellissier, mentre sulle fasce vanno come treni Franceschini e Semioli. C’è un giovanissimo Obinna sempre decisivo ogni volta che entra, mentre Brighi e Zanchetta danno solidità in mezzo al campo. Il Chievo va che è una meraviglia ed a fine anno termina il campionato al 7° posto. Un risultato straordinario.
Ma, ve lo dicevamo prima, a maggio scoppia lo scandalo di Calciopoli. La Serie A è stravolta dalle sentenze della Giustizia Sportiva. Lo scudetto va all‘Inter, arrivata terza sul campo, mentre la Juventus viene retrocessa addirittura in Serie B. Milan, Lazio e Fiorentina vengono penalizzate di 30 punti. I rossoneri riescono comunque a conservare il terzo posto ma in Champions con Inter, Roma e Milan stesso ci va il… Chievo Verona di Pillon. Ancora una volta le vicende extracalcistiche premiano il lavoro del tecnico trevigiano. Il presidente Campedelli e tutto l’ambiente gongolano. La squadra è già in ritiro quando arriva la sentenza. La bella notizia rigenera l’ambiente: i Mussi volano in Champions League. Ma Pillon è preoccupato: ci sono solo due settimane per affrontare lo scomodo preliminare d’agosto. Va cambiata la preparazione già iniziata.
Sorteggio positivo, ma non va
L’urna però sembra benevola. Il Levski Sofia sembra alla portata. Sicuramente uno degli avversari meno pericolosi. Il Chievo Verona il 9 agosto del 2006, si presenta in Bulgaria, per l’andata del preliminare. Pillon ascolta la musichetta della Champions League da allenatore. Sembra un sogno diventato realtà ripensando a quanto sacrifici fatti nel passato, gli anni in Promozione, gli esoneri, la gavetta. La classe operaia va ogni tanto in paradiso. E’ tutto vero. Peccato che il sogno ci metta pochissimo a diventare un incubo. I bulgari sono assatanati ed il Chievo pare in netto ritardo di condizione. Il verdetto del campo è inesorabile: 2-0 con i gol di Domovchiyski e Bardon. Il 23 agosto al Bentegodi serve un miracolo ma dopo 35 minuti di gioco Telkijski segna ancora. Amauri la pareggia ma ancora Bardon riporta in avanti il Levski prima del definitivo 2-2, inutile, ancora di Amauri. Per il Chievo e per Pillon un brusco ritorno alla realtà. Anche perché la squadra sembra smarrita. Anche in Coppa Uefa, competizione nella quale vanno di diritto le squadre eliminate dai preliminari di Champions, lo Sporting Braga elimina immediatamente i clivensi. Tra Pillon e lo spogliatoio sembra essersi rotto qualcosa. Il 16 ottobre Campedelli esonera Bepi e riporta a casa Delneri. Ma neanche lui riuscirà ad evitare la retrocessione in Serie B del Chievo Verona. Una storia che non ha avuto il lieto fine sperato ma che ha regalato due notti da sogno ad un allenatore che ha sempre scritto pagine importanti in provincia.

Pillon e il FairPlay
Pillon prosegue la sua onesta carriera tornando sulla terra com’è giusto che sia. E dopo le esperienze grigie con l’ennesimo ritorno a Treviso e la Reggina, nella stagione 2009/2010 viene chiamato dall’Ascoli in Serie B, anche questa volta subentrando ed anche questa volta tornando dov’era già stato. E’ il 22 novembre del 2009 quando il Presidente dei marchigiani Benigni, gli affida la panchina al posto di Alessandro Pane. Solita impresa salvezza da centrare per l’allenatore che di situazioni simili ne ha viste tante. Il suo esordio è di nuovo contro il Piacenza che supera il suo Ascoli condannandolo ad una sconfitta. Il 5 dicembre al “Del Duca” c’è la prima davanti ai propri tifosi contro la Reggina. La partita è combattuta fin dall’inizio. Al 14′ il difensore della Reggina Valdez si fa male, ha la palla tra i piedi e prova a buttarla in fallo laterale per farsi soccorrere. Ma mentre la sfera si sta avviando verso la linea di fondo, l’esterno dell’Ascoli Vincenzo Sommese, prende la palla ed avanza indisturbato verso il portiere della Reggina con i calciatori amaranto fermi. Palla al centro per Antenucci che anticipa Adejo e la mette in gol. Scoppia un putiferio, con il reggino Costa che viene espulso. La partita rimane ferma per quasi 5 minuti. I calciatori della Reggina sono infuriati per la beffa subita. Sembra una situazione difficilissima da risolvere ma a rimettere le cose a posto ci pensa però Pillon. Chiama a raccolta i suoi ed ordina di far segnare alla Reggina il gol del pari. E così i calabresi battono a centrocampo con Pagano che si avvia indisturbato verso la porta ascolana e la mette in rete tra lo stupore generale. Alla fine la Reggina vincerà la partita per 3-1 nonostante l’inferiorità numerica. Intorno al gol che ha permesso agli amaranto di pareggiare, ci sarà moltissimo clamore mediatico. I tifosi ascolani non la prendono bene e chiedono addirittura la testa dell’allenatore.
Il suo baffo sul New York Times
Il gesto però è troppo bello ed eclatante per passare inosservato. Ne parla Abete, Presidente della Federcalcio dell’epoca che ringrazia pubblicamente Pillon. Arrivano i complimenti di Ulivieri, Presidente dell’Assoallenatori. «Il comportamento di Pillon fa bene alla nostra categoria e se rischia l’esonero, per un episodio di questo genere, vuol dire che il mondo va a testa allingiù e con le gambe per aria». Bepi però tergiversa ed è quasi imbarazzato dal clamore suscitato dal suo gesto che gli ha portato più problemi che altro. «Non so se meritiamo tutto questo, il premio Fair Play della Fifa, i complimenti di Abete e il resto. Comunque ringrazio. I genitori devono essere di esempio per i figli, io hoi cercato di esserlo con i giocatori. Non so se lo rifarei, perché l’Italia non è pronta per certi gesti, non conosciamo la lealtà sportiva e i valori morali». Ah già, perché ancora non ve l’avevamo detto, ma la notizia del gol fatto segnare agli avversari supera i confini ed arriva anche oltre Oceano. Il “New York Times“, il più importante quotidiano del mondo, nella sua edizione internazionale “Herald Tribune“, fa un elogio quasi incredulo e commosso di Bepi Pillon con il titolo “Il Fair-play non è morto”. Proponendo l’Ascoli e Pillon come vincitori del Premio Fair Play assegnato annualmente dalla Fifa. «Il sorteggio dei Mondiali in Sud Africa è stato screditato dall’indifferenza per il plateale fallo di mano di Thierry Henry che ha qualificato la Francia, suggerendo che se un giocatore riesce a imbrogliare sul campo di gioco, non c’è niente che il potere calcistico possa fare. Ma i giocatori dell’Ascoli, una squadra che lotta in fondo alla seconda divisione italiana, hanno dimostrato che la lealtà esiste ancora. Quel gesto merita da solo il cosiddetto Trofeo Fair Play della Fifa alla fine della stagione. Può darsi che non glielo diano perché l’Ascoli è soltanto una squadra di Serie B, lontana dai radar delle prime pagine occupate con Messi, Cristiano Ronaldo e, bè, sì, anche con lui, Thierry Henry. Ma per quel che vale, questo articolo di giornale elogia l’Ascoli e il suo fair play».
Pillon riparte da Cosenza
Una botta planetaria di notorietà che però Pillon si scrolla in men che non si dica. C’è da centrare la salvezza con l’Ascoli, non si può perder tempo dietro a tutto il resto. Come finirà la stagione? I bianconeri si salveranno senza affanni e Pillon saluterà, ancora una volta. Perché lui è fatto così, uomo pratico che sa di calcio, che conosce la categoria, che sa come si compiono certe imprese. Dopo undici anni da quel gesto, e con in mezzo tante altre esperienze, Pillon è chiamato ad un’altra impresa. Salvare il Cosenza in queste condizioni di classifica sarebbe davvero un miracolo. Ma per chi ha portato i Mussi in Champions League ed è stato sulle colonne dell’Herald Tribune by New York Times, nulla sembra impossibile. Si lavora, si suda e ci si mette in gioco per l’ennesima “mission” della sua infinità carriera. Una “mission” che con Bepi in panca, sembra davvero “possible”.