Tutti gli articoli di Cosenza Calcio
PHOTO
Il Giudice Sportivo ha multato la Reggina per i cori offensivi dei suoi sostenitori nei confronti di quelli del Cosenza. Ha comminato 2mila euro di sanzione perché nella ripresa dalla curva amaranto sono partiti slogan quali “cosentino zingaro” e “cosentino noma-noma-de”. Quest’ultimo accompagnato da una parte consistente dei presenti al Granillo sulle note della hit dance moldava Dragonstea Din Tei. Normale amministrazione per il Giudice Sportivo, pertanto, quasi al pari di un normalissimo vaffa.
Ora, senza vittimismo alcuno o perbenismo di facciata, due aspetti sono di difficile comprensione. Il primo riguarda la tolleranza nei confronti di episodi che ciclicamente avvengono all’interno degli stadi. Da anni non più di violenza fisica, ma verbale e non per forza di minore impatto. L’impianto sportivo viene forse percepito da alcuni frequentatori come un luogo dove sfogare le bassezze dell’animo umano. La storiella del “non è un teatro” trova costrutto finché non si trascende in altro che non sia il sostegno alla propria squadra e allo sfottò in quanto tale al tifoso avversario.
E qui si arriva al secondo aspetto. Se 7-8mila persone, tra cui ragazzini e padri di famiglia, considerano nel 2022 il termine “zingaro” come il giusto epiteto per insultare un fan di un’altra squadra c’è un problema sociale. Un cortocircuito di comunicazione culturale che ha mandato in tilt qualsiasi regola del vivere civile nella quotidianità. Ed è giusto ribadire l’anno del Signore 2022: non il 1981 o il 1990 dove la consapevolezza del peso delle parole era completamente differente perfino nel linguaggio televisivo.
Qualcuno obietterà: è la solita litania che sfocerà in accuse di razzismo. No, la finalità non è questa sebbene la guardia non vada mai abbassata a riguardo. Soltanto la settimana prima, con la stessa sciarpa amaranto al collo, erano stati accolti a Modena con striscioni (per così dire) discutibili. “Info centro per l’impiego, via delle costellazioni 180” e “R(d)C” (gioco di parole fra le iniziali di Reggio Calabria e quelle del reddito di cittadinanza, ndr): un doppio messaggio di sfottò, magari, ma con echi antimeridionali ormai divenuti antistorici. Ed odiosi esattamente come trent’anni fa.
Questo testimonia come arrecare offesa sulla base di una matrice etnica non può essere considerato normale. Da nessuno, tantomeno da un Giudice Sportivo che probabilmente non ha capito la portata del gesto né a Modena e nè in riva allo Stretto.