Stefano Trinchera e il Cosenza si dicono addio. Non è un arrivederci, almeno non può esserlo oggi che il rapporto con Guarascio è un cocktail avvelenato di freddezza e indifferenza. Dal post-retrocessione non si sono più sentiti, probabilmente non si parleranno per un bel po’.

Questione di appeal e di… orizzonti

Sono passati 4 anni da quando il direttore sportivo strinse la mano al presidente e prese posto dietro la scrivania più ambita di Via degli Stadi dopo quella del patron. L’epilogo di tutto è stato Pordenone-Cosenza, un pomeriggio così amaro che Trinchera stesso considera una macchia indelebile nella sua carriera. Quei 90′ sono stati tuttavia l’ultimo atto di un percorso a tratti esaltante, a tratti deprimente nonostante la Serie B. Da un lato innegabili risultati sportivi, dall’altro la consapevolezza di una costante: la mancanza di orizzonte della società Cosenza Calcio.

Stefano Trinchera è stato nello stesso tempo vittima di questo sistema e complice, per il ruolo che ricopriva, del modus operandi di Guarascio. Anzi talvolta ha prestato il petto ai dardi della stampa e della piazza facendo scudo con la sua presenza alle inefficienze del proprietario. Come il giorno in cui parlò di scarso appeal, proponendo un concetto sbagliato per giustificare il mancato arrivo di un attaccante. Sarebbe bastato dire quello che tutti sospettavano: una piazza è ambita se la società riesce a mettere sul tavolo della trattativa determinate argomentazioni economiche.

Trinchera, Guarascio e lo strappo di agosto 2020

  • Trinchera in ritiro

Se c’è da attribuirgli dei meriti, il più grande è sicuramente quello di aver fatto le nozze con i fichi secchi. Come nella stagione dei playoff di Serie C, dove, a fronte di un budget insufficiente per competere almeno sulla carta al salto di categoria, anche grazie alle intuizioni di Piero Braglia, il Cosenza raggiunse l’orgasmo sportivo nella notte di Pescara. Completato il salto di categoria, Stefano Trinchera non ha mai avuto un portafoglio tale da poter operare liberamente e per tempo sul calciomercato. Ne sono testimonianza le tabelle relative agli stipendi lordi corrisposti dalle 20 formazioni cadette. Negli elenchi, il Cosenza è stato fin dal primo giorno in zona retrocessione. E’ per questo che le due salvezze, specialmente quella del primo anno strappata con largo anticipo, assumono valenze maggiori rispetto al normale.

Stefano Trinchera ha commesso diversi errori, di cui è consapevole. Giudicare da fuori, però, è molto più semplice quando non c’è il proprio futuro in ballo. La lite furibonda avuta con Guarascio nello scorso agosto è una verità storica, che qualcuno goffamente cercò di far passare come ricostruzione errata. Era invece il punto di non ritorno del rapporto tra le due figure cardine del Cosenza. Uno vantava l’ambizione di alzare l’asticella e di legarsi con un contratto a lunga gittata (e chiaramente più remunerativo) al club rossoblù. L’altro si rifiutò di raccogliere suggerimenti di prospettiva. Anzi richiamò all’ordine il ds con una secca chiosa: le dimissioni sarebbero state rifiutate. Il resto è storia recente a partire dalla grottesca fotografia divulgata nel corso di una cena imposta a Cetraro.

Detrattori ed estimatori di Stefano Trinchera continueranno ad alimentare le proprie versioni puntando tutto sulle capacità manageriali palesate nei mercati estivi o in quelli di riparazione. Il filo conduttore, tuttavia, è sempre stato dover ottimizzare gli investimenti per garantire calciatori più o meno validi all’allenatore.

Trinchera-Cosenza, oltre la questione professionale

Altro grosso punto di discussione sulla sua figura è l’interpretazione data ai numeri che lascia in eredità. Le operazioni con cui ha garantito al Cosenza 750.000 mila euro per Baez e 700.000 per Falcone sono veri e propri capolavori finanziari. È chiaro che dal punto di vista sportivo la cessione del calciatore uruguaiano, senza un degno sostituto, ha complicato il discorso salvezza fino al tracollo del Guido Teghil. Affrontarlo fino in fondo, però, ci farebbe tornare a bomba al discorso dell’appeal.

Trinchera, in ultimo, non è un dirigente mandato via perché ha sbagliato qualcosa. Ha maturato la sua decusione in quel caldo pomeriggio di agosto 2020 in sede. Capì che aveva bisogno di altri stimoli, diverse motivazioni, nuove responsabilità. A gennaio lasciò trapelare il suo umore, riscontrando indifferenza e (quasi) l’idea che bluffasse. Era l’ultima corsa, la giostra si era fermata e lui era sceso. Oggi si chiude un’era, in silenzio, senza dichiarazioni. Si chiude anche un rapporto che è andato oltre la questione strettamente professionale. Chiedere alle decine di procuratori che chiamavano Trinchera dopo essere stati rimbalzati dal presidente e dai suoi collaboratori autorizzati ad effettuare i pagamenti…