Dopo i casi accertati a Vibo si allarga l’inchiesta del nostro network che sta svelando un fenomeno sinora sfuggito ai riflettori. Uno dei professionisti che lavoravano nel Cosentino nell’ambito della missione concordata con L’Avana si è anche sposato invitando al matrimonio i colleghi calabresi
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Rivoluzione cubana, ma all’incontrario. Ed allora è così che la trasferta italiana si materializza come una grande opportunità per cambiare vita e sfuggire al regime, nonostante i controlli serrati a cui sono sottoposti.
I medici cubani ingaggiati dal presidente della Regione, Roberto Occhiuto, sono stati certamente una manna dal cielo; il loro impiego nel servizio sanitario calabrese ha impedito che molti reparti chiudessero battenti, un po’ in tutti gli spoke calabresi - da Castrovillari a Locri - come i pronto soccorso, le ortopedie, i punti nascita, assicurati da chirurghi, ortopedici, anestesisti, pediatri.
Anche la popolazione li ha subito accolti a braccia aperte e loro si sono fatti apprezzare per la professionalità e la disponibilità.
L’inchiesta del network LaC sta però squarciando il velo sulla realtà parallela in cui vivono i medici cubani arruolati in Calabria tra fughe e impieghi saltando il fosso dal pubblico al privato, come accaduto a Vibo Valentia e raccontato anche su Il Vibonese.
Una commistione di situazioni che fanno il paio con le denunce di CubaNet, il network dissidente con sede in Florida, che ha scoperchiato il pentolone e rivelato lo stile di vita dei professionisti de L’Avana quando lavorano fuori confine, tra controlli serrati – nella vita quotidiana e sui social, ad esempio, così come nei rapporti interpersonali – e trattenute su uno stipendio “italiano”, sancito da contratto con la Comercializadora de servicios médicos cubanos, che comunque è di molto superiore alla paga cubana, pari – quando va bene – a qualche centinaia d’euro.
Medici in fuga
La missione medica ha quindi spalancato le porte dell’Europa – nonostante la Calabria sia ancora lontanissima dagli standard di Bruxelles – a circa 500 professionisti cubani, nati, cresciuti e formatisi all’ombra di un regime totalitario.Tra questi – da quanto appreso – c’è chi è fuggito. È il caso di tre professionisti cubani in servizio nel Cosentino, uno negli ospedali di Corigliano Rossano, gli altri due a Paola e Cetraro. Di loro non si hanno più notizie e da settimane nessuno li ha più visti prendere servizio.
Gli altri della brigata impiegata a Corigliano Rossano vivono tranquillamente in un noto hotel del centro e spesso li si incontra per strada mentre – a piedi – raggiungono l’ospedale Giannettasio, non moto distante.
Nozze vietate
Tra di loro, però, si è registrato un altro caso, comunque vietato alle spedizioni mediche all’estero: il matrimonio. E così, nelle scorse settimane, il professionista è convolato a nozze, a cui ha invitato anche i colleghi italiani. Un’unione che forse gli (o le) impedirà per sempre di tornare a L’Avana.