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Condannato previa riqualificazione del fatto a quattro mesi di carcere ma assolto da altri due capi d’accusa. Finisce così in primo grado la storia giudiziaria di un imprenditore cosentino tratto in giudizio per il reato di bancarotta fraudolenta documentale e di aver distratto fraudolentemente dal patrimonio della società proventi pari a 80mila euro e di aver cagionato dolosamente un danno erariale pari 256mila euro.
La Guardia di Finanza aveva condotto le indagini valutando e ricostruendo il patrimonio distratto dall’analisi dei soli conti correnti e compulsando i dati presenti sull’Agenzia delle Entrate ricavando la distrazione di somme dalla solo analisi degli estratti conti e dagli avvisi di accertamento sorti successivamente dalla dichiarazione di fallimento.
La difesa, rappresentata dall’avvocato Francesco Acciardi, tramite una consulenza tecnica del dott. Domenico Dodaro e citando gli ex dipendenti della ditta fallita, ha dimostrato che non vi è stata alcuna distrazione di somma in quanto la Finanza non ha ricostruito alcun costo d’esercizio di impresa che andrebbe applicato forfettariamente anche in assenza di documentazione a riprova e ha prodotto le certificazioni uniche dei redditi corrisposti ai dipendenti, dimostrando che le somme confluite sui conti sono state utilizzati per debiti aziendali e non sono stati sottratti.
Quanto alla bancarotta documentale la difesa in contrasto con la procura ha ritenuto che l’imprenditore non ha occultato, distrutto o tenuta in guisa la documentazione fiscale obbligatoria ma per negligenza e per difficoltà economiche non ha tenuto regolarmente la documentazione senza alcuna finalità di mettere in pericolo le garanzie delle ragioni dei creditori e che tale condotta potesse assurgere a bancarotta documentale semplice. Di fatto nessun creditore si era insinuato nel passivo del fallimento.
Al termine dell’istruttoria dibattimentale il pm aveva chiesto una condanna a 3 anni di reclusione per bancarotta fraudolenta, mentre la difesa ha invocato la riqualificazione del fatto per il capo 1 e l’assoluzione per i capi 2 e 3. Il presidente del collegio Manuela Morrone ha così condannato a una pena mite l’imprenditore cosentino, assolvendo dal resto delle imputazioni.