Nel corso dell’ispezione dei Nas sono stati rinvenuti più strumenti con cui venivano distribuiti gli ingredienti nei panini, a differenza di quanto ipotizzato all’inizio. “Sotto accusa” non ci sono solo i broccoli. Gli esami di laboratorio dovranno chiarire dove ha avuto origine la contaminazione
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
L'interesse di un evento mediatico, tanto più se drammatico, genera una serie di notizie che alimentano soltanto confusione e fake news. Il caso delle intossicazioni da botulino a Diamante non ha fatto eccezione, soprattutto quando, oltre ai numerosi ricoveri, ha fatto anche registrare la morte di due persone, Luigi Di Sarno, 52 anni, e Tamara D'Acunto, 45.
Ma a poche ore dai primi ricoveri, quando i due decessi legati al caso erano ancora soltanto un'ipotesi, il popolo del web aveva già riversato una valanga di odio nei confronti del titolare dell'attività ambulante di Viale Glauco, senza possibilità d’appello, e a soffiare sul vento del giustizialismo forcaiolo erano state anche una serie di informazioni distorte, imprecise, incomplete, per lo più riprese dai media nazionali, lontani dai luoghi dell'evento e dalle fonti di verifica. Due su tutte: l'esposizione dei prodotti al sole e l'uso di una sola pinza per distribuire gli alimenti nei panini. Entrambe le notizie sono state fermamente smentite dai fatti. Il furgone era dotato di un potente sistema di refrigerazione e, nel corso di recenti controlli effettuati dai Nas, sono state ritrovate anche le sei pinze con cui venivano distribuiti gli alimenti nei panini. Questi elementi non servono, da soli, a stabilire alcunché, ma sono utili per restituire al lettore una maggiore chiarezza e un quadro più preciso della vicenda.
La presunta esposizione al sole
Secondo alcuni giornali italiani, nel corso dell'interrogatorio, avvenuto il pomeriggio dell'8 agosto, il giovane avrebbe «ammesso» di tenere gli alimenti esposti al sole. Le frasi sono, tra l'altro, riportate con il virgolettato. Partendo dall'assunto che il calore, di per sé, non crea la tossina botulinica dal nulla, semmai la fa prolificare, bisogna precisare che il ragazzo non ha fatto alcuna ammissione di colpa; al contrario, assistito dal suo legale Francesco Liserre, ha fornito informazioni dettagliate sulle modalità di conservazione affinché si arrivi alla verità il più in fretta possibile.
L'equivoco potrebbe essersi creato quando il giovane, classe 1992, ha invece detto di tenere esposta nel food truck una piccola qualità degli alimenti al solo fine di attrarre i clienti, ma di non averli mai usati per farcire i panini. Secondo la sua versione, la merce era tenuta sigillata in piccoli barattoli di vetro aperti all'occorrenza e conservati nelle celle frigorifere. Ma non per troppo tempo. I sott'oli, principali indiziati della contaminazione, venivano consumati in fretta: con un barattolo, il commerciante riusciva a farcire una decina di panini, non di più, e a volte sarebbe capitato di consumarne anche due o tre in una sola serata. Nel mese di agosto, il lungomare di Diamante è affollato da migliaia di persone.
Le pinze
Gli esami di laboratorio hanno poi portato alla luce un altro aspetto oscuro della vicenda: gli alimenti contaminati non sarebbero soltanto i famigerati broccoli, come pensato all'inizio. Pertanto, gli inquirenti avevano ipotizzato che il venditore ambulante avesse utilizzato una sola pinza per distribuire tutti gli alimenti nei panini. Teoria plausibile, ma che per il momento - siamo ancora nella fase delle indagini preliminari - si scontra con le dichiarazioni dell'indagato, il quale sostiene di averne usata una per ogni diverso alimento, e il ritrovamento effettuato da Nas. Le pinze rinvenute nel furgone sono effettivamente sei e tutte sequestrate per consentire agli incaricati di analizzarle. I militari del nucleo antisofisticazioni, inoltre, hanno mandato ad analizzare coltelli, contenitori, coperchi, spatole, tappi, mestoli e palette.
Dove si era formato il botulino?
Per chiarire ogni aspetto della vicenda e poter dare giustizia alle vittime, in particolare a chi ha pagato con la vita, sarà necessario capire innanzitutto in quale alimento si era formata la tossina botulinica killer. Successivamente, bisognerà capire in che modo. Ma le opzioni non sono molte: o la tossina si è formata con una cattiva conservazione dell'alimento incriminato oppure la tossina era già nel barattolo sigillato. Tesi, quest'ultima, sostenuta anche dal professore di Microbiologia, Andrea Crisanti, intervistato in una nota trasmissione televisiva Mediaset.
Indagini serrate
Ma per arrivare alla verità le ipotesi e le teorie non bastano. Occorrono indagini serie e dettagliate, come quelle che sta portando avanti la dottoressa Maria Porcelli, pubblico ministero in servizio alla procura di Paola e titolare del fascicolo di inchiesta. Per questo, nel registro degli indagati non c'è soltanto il rivenditore ambulante, ma anche i due responsabili delle ditte produttrici dell'alimento presumibilmente contaminato, il cui lotto sotto inchiesta è stato ritirato dal mercato in via precauzionale. L'atto è oltremodo dovuto anche per offrire alle persone coinvolte la massima garanzia alla difesa e la possibilità di prendere parte agli accertamenti tecnici. Le accuse contestate dalla procura di Paola, guidata dal magistrato Domenico Fiordalisi, sono l'omicidio colposo, le lesioni colpose personali e il danno sanitario in relazione alla somministrazione di alimenti nocivi.
Gli altri sei indagati della vicenda sono tutti medici di due diverse strutture sanitarie che hanno avuto in cura Luigi Di Sarno e Tamara D'Acunto. Anche per loro la dottoressa Porcelli ipotizza il reato di omicidio colposo e lesioni colpose personale. Secondo il quadro accusatorio - ancora tutto da accertare - i medici non avrebbero riconosciuto i sintomi dell'intossicazione da botulino, dimettendo i due pazienti senza una precisa diagnosi.
Ad onor di cronaca, bisogna ricordare che tutti gli indagati sono da ritenere innocenti fino a un'eventuale condanna definitiva emessa in ultimo grado di giudizio.