Nel reclamo aveva denunciato celle anguste e malsane, scarsa aerazione, assenza di acqua calda e infestazioni di insetti
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Carcerii sovraffollate
Un uomo originario della provincia di Cosenza aveva chiesto un indennizzo di quasi ventimila euro per le condizioni di detenzione subite tra il 2010 e il 2017, che – a suo dire – avrebbero violato l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Celle anguste e malsane, scarsa aerazione, assenza di acqua calda e infestazioni di insetti: sono queste le circostanze che l’ex detenuto ha descritto nel suo ricorso, presentato ai sensi dell’articolo 35-ter dell’Ordinamento penitenziario. Dopo un primo passaggio al tribunale di Castrovillari e poi a quello di Catanzaro, la vicenda è approdata in Cassazione.
Il tribunale di Catanzaro, con decreto del luglio 2023, aveva riconosciuto soltanto una minima parte delle doglianze, limitando a 129 giorni il periodo non conforme agli standard CEDU e liquidando un indennizzo di 1.032 euro. Tuttavia, aveva anche accertato che il Ministero della Giustizia vantava un credito per le spese di mantenimento in carcere superiore ai 3.600 euro. Ne era derivata una compensazione tra le due partite, con l’effetto che l’ex detenuto non ha ottenuto nulla.
Ricorso in Cassazione
In Cassazione, l’uomo ha insistito su tre motivi. Nel primo, ha contestato il credito del Ministero, richiamando un provvedimento di remissione del debito. Nel secondo, lamentava la mancata ammissione di prove testimoniali sui periodi di detenzione a Catanzaro e Bellizzi Irpino. Nel terzo infine ha sostenuto che il Tribunale non avesse valutato correttamente la documentazione sulle condizioni carcerarie.
Le motivazioni
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Nella motivazione si legge che «la violazione dell’art. 2697 cod. civ. si configura soltanto se il giudice di merito applica in modo erroneo la regola sull’onere della prova, attribuendolo alla parte sbagliata», ma nel caso di specie tale vizio non è stato dimostrato. Quanto alla lamentata omessa valutazione di fatti decisivi, i giudici hanno ricordato che «l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, vizio di omesso esame di un fatto decisivo se il fatto storico rilevante è stato comunque considerato».
Sulla mancata ammissione dei testimoni, la Corte ha ribadito che non basta un generico elenco di capitoli di prova, ma occorre indicare con precisione le circostanze da provare. Altrimenti, non si configura una violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., che regolano l’uso e la valutazione delle prove. Infine, quanto alla documentazione sulle carceri, la Cassazione ha sottolineato che il tribunale aveva preso in esame le relazioni prodotte, evidenziando che alcune riguardavano altri istituti (Torino, non Catanzaro) e che per i periodi contestati le allegazioni erano rimaste generiche.
Il principio consolidato è il seguente: le istanze ex articolo 35-ter devono essere circostanziate e sorrette da prove specifiche, altrimenti non possono superare il vaglio di ammissibilità.