Ruvido era ruvido, ma di una simpatia rustica e genuina. Roberto Iacobino ha aperto parecchi sipari. A Cosenza fino all’amministrazione Perugini, era quello che chiamavano “il numero uno” perché aveva i contatti con gli artisti importanti. L’evento che più ricordava con tenerezza, era quello di Vasco. «Unico, così mai più» ripeteva nel suo studio che era accanto al Due Palme. Lì appesa c’era la gigantografia del famoso live di Germaneto in cui Vasco richiamò le grandi folle. Un concerto che non ha avuto eredi.

Per portare il Blasco a Cosenza fece fuoco e fiamme. Era allora “San Vito” e di concederlo per quel live il dg del Cosenza Calcio Massimiliano Mirabelli, un altro con il carattere infiammabile, non ne voleva sapere. La spuntò Iacobino dopo una lita furibonda a Palazzo dei Bruzi che al sol pensiero tremano ancora i muri. Era settembre e lì il cantante rock più amato d’Italia, fece la tappa zero del suo tour. Un passato da ballerino e una vita col telefono in mano, Iacobino era quello a cui bisognava rivolgersi se si voleva in piazza il cantante di grido.

Sua la firma di tanti Capodanni, da Gigi D’Alessio a Pino Daniele e sugli ospiti internazionali che animarono lo stadio dai Deep Purple a Bob Dylan. L’ultima zampata, l’anno scorso quando mise giù un programma per le Invasioni invernali cosentine, progetto che tuttavia non decollò per problemi legati alle economie del Comune. Restano tante cartoline dei suoi successi, il ricordo della sua voce roca, la fisicità da attore di film di Scorsese, una grinta da impresario, quello di una volta, che avrebbe fatto firmare anche al gatto e alla volpe.