«Dal 2005 e al 2024 sono stati decretati otto scioglimenti per infiltrazione mafiosa di aziende sanitarie locali o provinciali. Le due regioni italiane coinvolte sono state Campania e Calabria. Nello specifico, in Campania sono stati sciolti due enti sanitari ovvero l’Asl Napoli 4 e l’Azienda ospedaliera di Caserta, mentre in Calabria sono stati coinvolti 4 enti sanitari ovvero l’Asl 9 Locri, l’Asp Reggio Calabria (in due occasioni), l’Asp Vibo Valentia (in due occasioni) e l’Asp Catanzaro».

Le inchieste giudiziarie

I dati sono stati raccolti da Avvisto Pubblico che ha pubblicato un report intitolato “Il male in Comune”. Un capitolo è dedicato agli scioglimenti delle Asp. E la Calabria occupa il non esaltante primato nazionale di sei scioglimenti in nove anni.
«Nella totalità dei casi – è scritto nel report –, lo scioglimento delle aziende sanitarie per infiltrazione mafiosa è scaturito da inchieste e operazioni di polizia giudiziaria o procedimenti penali guidati dalle locali Direzioni distrettuali antimafia». L’Asp di Reggio Calabria è stata scolta nel 2008 in seguito l’operazione Onorata Società che ha portato all’arresto anche «del direttore generale dell'Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, già direttore generale dell'Azienda sanitaria locale n. 11 di Reggio Calabria e come tale oggetto della indagine ispettiva disposta dal prefetto di Reggio Calabria». Nel 2019 una nuova inchiesta ha portato a un secondo scioglimento.

L’Asp di Catanzaro è stata sciolta nel 2019 in seguito all’inchiesta Quinta Bolgia che ha messo in luce come due ditte di onoranze funebri operassero concorrenza sleale e il controllo di vari settori all’interno dell’ospedale di Lamezia Terme (di recente la Corte di Cassazione ha riconosciuto l’ingerenza delle due ditte nella vita dell’ospedale ma ha sancito che non fossero legate ad ambienti ‘ndranghetistici, ndr). L’Asp di Vibo Valentia è stata sciolta nel 2011 e poi nel 2024 in seguito all’inchiesta Maestrale-Carthago. A Locri è toccato nel 2006 sempre in seguito a una inchiesta giudiziaria.

Gli appetiti delle cosche: dalla costruzione dell’ospedale ai distributori automatici

Quando la ‘ndrangheta, scrive Servizio Pubblico, si infiltra nella sanità pubblica prende di mira determinati settori a partire dalla costruzione stessa dell’ospedale fino al controllo dei distributori automatici, la gestione dei bar, il servizio di lavaggio e noleggio biancheria, le manutenzioni, i servizi di emergenza e onoranze funebri, i servizi di mensa e refezione, il servizio di pulizia e sanificazione, lo smaltimento rifiuti e, non ultima, la vigilanza.

Perché le Asp diventano permeabili alla ‘ndrangheta

Ma quali criticità rendono un ente pubblico permeabile alle infiltrazioni mafiose? C’è «il disordine amministrativo» o la «la mala gestione del personale» ma «altre sono condotte tipiche di un ente già compromesso e infiltrato, come le irregolarità nelle procedure di gara degli appalti e la presenza di esponenti della criminalità all’interno del personale dell’ente, anche in posizioni apicali e di vertice».

Carenza di controlli antimafia

La relazione prefettizia sull’Asp di Catanzaro, per esempio, notava come l’azienda avesse «comunicato che, alla data della richiesta di precisazioni da parte della commissione d’accesso, non è stato ancora accreditato alcun funzionario per l’accesso alla Bdna (Banca dati nazionale antimafia), anche in virtù del fatto che non sono state effettuate aggiudicazioni per le quali sia necessario richiedere la documentazione antimafia. La situazione delineata appare sintomatica del permanere di una “superficiale” gestione amministrativa da parte dell’Asp che di fatto può agevolare imprese collegate alla criminalità organizzata».

Nel 2024 la commissione d’accesso che indagava sull’Asp di Vibo Valentia ha annotato la carenza di controlli antimafia «laddove si evidenzia che l’azienda sanitaria nelle deliberazioni relative agli incarichi professionali o alle assegnazioni di lavori ha spesso omesso i riferimenti alle predette verifiche preventive, risultando infatti che su 82 delibere oggetto di attenzione da parte della commissione di indagine soltanto in 7 risultano riportati, e dunque effettuati, i prescritti controlli».

I «cavalli di Troia» e la situazione dell’Asp di Reggio Calabria

In alcuni casi le Asp presentavano dei “cavalli di Troia”, ovvero personale, anche con mansioni dirigenziali, legato alla criminalità organizzata, caratteristica singolare ed emblematica nell’Asp di Reggio Calabria all’interno della quale, in alcuni casi, dipendenti condannati in via definitiva per associazione mafiosa non abbiano subito misure disciplinari.
«Assume rilevanza emblematica – si legge – la circostanza che con riferimento a due dipendenti condannati ai sensi dell'art. 416-bis del codice penale (associazione mafiosa, ndr) con sentenze divenute irrevocabili rispettivamente a luglio e ad ottobre 2018, solo nel successivo mese di novembre l'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria ha avviato la procedura finalizzata alla risoluzione del rapporto di lavoro. Sotto questo profilo, è altresì significativo come, negli anni passati, l'azienda abbia omesso di adottare le prescritte misure disciplinari nei confronti di alcuni dipendenti condannati in via definitiva per associazione di tipo mafioso».