Classica e jazz, moglie e amante, ma potrebbe essere anche il contrario. Due generi che si mescolano a meraviglia e che si completano vicendevolmente lasciando il pubblico con una sensazione di intenso benessere interiore, nella consapevolezza di aver assistito a qualcosa di unico, di quasi irripetibile. A compiere questo autentico prodigio è uno dei nomi più autorevoli del pianismo jazz italiano ed anche internazionale, Enrico Pieranunzi, certamente uno dei più eclettici e versatili musicisti e compositori della scena musicale europea, e non solo europea, che non ha mai disdegnato incursioni nella musica classica (non è un caso che per 25 anni abbia insegnato pianoforte classico in Conservatorio) riplasmandola secondo declinazioni sempre orbitanti attorno al mondo del jazz.

E così è stato anche per il progetto “Improclassica”, che il trio di Enrico Pieranunzi, con Luca Bulgarelli al contrabbasso e Mauro Beggio alla batteria, ha portato al Rendano di Cosenza, nell’ambito della stagione concertistica dell’Orchestra Sinfonica Brutia, affidandone l’esecuzione alla stessa Orchestra. Al Rendano “Improclassica” ha conosciuto la sua prima esecuzione pubblica dal vivo. Ma prima di approdare al teatro di tradizione cosentino, il progetto è confluito in un bel disco che il trio di Pieranunzi ha inciso con l’Orchestra dei pomeriggi musicali con gli arrangiamenti e la direzione di Michele Corcella che avrebbe dovuto dirigere anche a Cosenza, ma un improvviso lutto familiare lo ha costretto a partire anzitempo.

E così la direzione della Sinfonica Brutia è stata assunta dallo stesso Enrico Pieranunzi, costretto a fare gli “straordinari”, ma con un eccellente risultato finale. Ripercorrendo il collaudato cliché già sperimentato in un altro disco,”Mènage a trois”, prodotto da Pierre Darmon e registrato in Francia dieci anni fa, insieme a due musicisti transalpini, il batterista Andrè Ceccarelli e il contrabbassista Diego Imbert, Enrico Pieranunzi ha compiuto il suo viaggio all’interno della musica classica dei grandi compositori, rivisitata secondo le modalità jazz del suo trio e portando avanti una sorta di gioco che scoprì per la prima volta nel 2007, quando si cimentò con le celebri sonate di Domenico Scarlatti in un altro disco dal titolo “Pieranunzi plays Scarlatti”. L’esperimento riuscì a tal punto che il pianista romano ha continuato a battere questi sentieri.

Partendo da Bach, con “Sicilyan Dream”, il concerto del Rendano ha reso omaggio anche al centenario della scomparsa di Eric Satie, musicista notissimo per le sue bizzarrie, ma che è stato, come è noto, un personaggio chiave della musica francese tra la fine dell’ottocento e i primi decenni del novecento. Di lui si ricorda agli inizi l’amicizia con Debussy dal quale, però, più avanti, paradossalmente, prese le distanze diventando una sorta di campione dell’antidebussysmo. Nel concerto di Cosenza, il maestro Pieranunzi ha scelto uno dei brani più celebri di Satie, una delle sue tre Gymnopedie, appartenente al primo periodo e nel quale è ancora presente una certa convergenza di atmosfere tra la sua musica e quella di Debussy, e che il pianista romano ha scherzosamente ribattezzato “Gymnosatie”.

Si resta su Debussy nel brano successivo, che originariamente si chiamava “La plus lente que lente” che il compositore scrisse nel 1910 e che nella versione attuale è diventato “La moins que lente”. Da Debussy a Schumann il passo è breve. L’omaggio nei confronti del compositore tedesco ha per titolo “Mein Lieber Schumann” ed anche questo brano era inserito nel disco “Mènage a trois”. Un tema con diverse variazioni che sfociano anche nel tango. Si passa poi a Darius Milhaud, grande compositore ed autentica icona in Francia, idolo molto coccolato in patria. Nato sul finire dell’800, è morto nel 1974 e fece parte del gruppo dei sei, insieme, tra gli altri, a Germaine Tailleferre e Francis Poulenc. Milhaud era un grande appassionato di jazz. Ebreo di Aix en Provence, riparò, durante la persecuzioni razziali, in America, insegnando per molti anni in California e tra gli allievi ebbe Dave Brubeck, che portò al successo, con il suo gruppo, la celeberrima “Take five”.

Per il suo tributo a Milhaud, Pieranunzi e l’Orchestra Sinfonica Brutia hanno scelto una bellissima melodia che fa parte del trittico “The caprice” scritto nel 1922, e che è stato trasformato in un brano dal sapore bluesy, dal titolo “Hommage à Milhaud”. Il concerto del Rendano si avvia alla conclusione. Grande la prova di maturità dell’Orchestra Sinfonica Brutia che il direttore artistico Francesco Perri ha consegnato nelle sapienti mani di Enrico Pieranunzi. Uno dietro l’altro arrivano prima uno dei preludi più famosi di Debussy, “La fanciulla dai capelli di lino” che nella versione molto particolare, non esente da imprevedibilità, di Pieranunzi diventa “Cheveux” e poi la suite 785 di Bach che riconnette il barocco al jazz. Alla fine bis a richiesta, nuovamente con “GymnoSatie” ed è il trionfo. Il pubblico applaude lungamente.

Si torna a casa con la sensazione di aver assistito ad un concerto di una bellezza straordinaria, nel corso del quale si è compiuta una sintesi perfetta tra musica jazz e classica, una commistione di cui solo il genio, il rigore e la tecnica di una delle migliori espressioni del pianismo internazionale come Enrico Pieranunzi potevano essere capaci. E alla fine della serata è lo stesso maestro Pieranunzi a complimentarsi con l’Orchestra Sinfonica Brutia, con Francesco Perri e la spalla Manuel Arlia. “Siete l’orgoglio della regione”. Queste le sue parole prima di accomiatarsi dal pubblico del Rendano. Prossimo appuntamento della stagione concertistica della Brutia giovedì 4 dicembre, alle ore 20,30, sempre al Rendano, con il violoncellista di livello mondiale Giovanni Sollima in “Travolgente Sollima”. Imperdibile anche questo.