Un tempo soprannominato “l’Ice Man” per il suo autocontrollo in campo, oggi Bjorn Borg si racconta senza filtri. Il 69enne campione svedese, leggenda del tennis con 11 titoli del Grande Slam e cinque Wimbledon consecutivi, ha aperto il cassetto dei ricordi più dolorosi: la malattia, gli eccessi, il matrimonio con Loredana Berté.

«Sono stato operato di un cancro alla prostata molto aggressivo – rivela a Repubblica – Invito tutti gli uomini a fare prevenzione perché è un tumore silenzioso. Il medico mi chiese quanto volessi vivere. Gli risposi: per sempre non si può, ma qualche anno ancora sì. E lui: allora deve operarsi subito. Così sono andato dritto in ospedale. Ora faccio controlli ogni sei mesi».

«Le devo la vita, ma dovevo fuggire»

Borg torna agli anni in cui la sua vita deragliava: «Nel 1982 ho provato la polvere bianca. Poi ho aggiunto alcol e medicinali. Lì è iniziata la mia caduta: mi trascinavo nei night, mi stordivo con feste e festini, ero depresso, avevo attacchi di panico. Divorziai dalla prima moglie, la tennista Mariana Simionescu, mi misi con Jannike Bjorling, nacque Robin ma non ero un padre all’altezza. Conobbi Loredana Berté a Ibiza, mi trasferii a Milano, ma per me che lottavo contro droghe e farmaci quella città fu un disastro».

«Non è vero che nell’89 fu un tentativo di suicidio – chiarisce – ero sfinito, era un grido d’aiuto. In quel frangente Loredana mi salvò: mi trovò incosciente, chiamò l’ambulanza, in ospedale mi fecero una lavanda gastrica. Le devo la vita, ma per salvarmi dovevo fuggire da lei e da quell’ambiente. Mi trasferii a Londra e ripresi ad allenarmi. Quando mi sono risposato, lei mi ha denunciato per bigamia e la sua accusa mi ha impedito di tornare in Italia. A Milano non ci ho più messo piede».

Una nuova vita

Oggi Bjorn Borg appare in condizioni psicofisiche invidiabili. «Mi sveglio alle sei, faccio 45 minuti di cyclette, vado a letto alle dieci, spesso senza cena. Niente più superalcolici, solo vino bianco e birra. Mi peso ogni giorno, guai all’etto in più. Nei 60 metri, i dieci passi più decisivi del tennis, non mi batteva nessuno; la mia frequenza cardiaca a riposo è di 38 battiti al minuto».

E sul posto che occupa nella storia del tennis dice: «Nei primi cinque ci posso stare. Per numero di titoli Djokovic ha vinto di più, ma io, Federer e Nadal abbiamo portato il tennis in un’altra dimensione. La mia vita è stata una lunga partita: dalla cima ho visto il fondo, ma ne è valsa la pena».