Un sondaggio Izi rivela un consenso trasversale all’idea dei due Stati. Tra piazze, Hamas e l’asse con Israele, il governo Meloni cammina sul filo
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Non è un tema da addetti ai lavori, e neppure una bandiera agitata da una minoranza rumorosa. Stavolta a parlare sono i numeri. L’87,7% degli italiani si dice favorevole al riconoscimento dello Stato di Palestina. È il risultato del sondaggio Izi diffuso ieri durante L’Aria che Tira su La7, un dato che spiazza chi pensava a un’opinione pubblica più timida o divisa.
La forza del risultato non sta solo nell’entità – quasi nove cittadini su dieci –, ma nella trasversalità. Nel campo del centrodestra, tradizionalmente più cauto su posizioni lontane da Israele, il 73,7% degli elettori si dichiara favorevole. Percentuali simili emergono anche tra i moderati di Azione e Italia Viva (64,7%). E nelle opposizioni la percentuale sfonda l’80%. Segno che la questione palestinese non è più solo un terreno di battaglia ideologico, ma un tema che intercetta un sentimento diffuso di giustizia, compassione e ricerca di pace.
Per Giorgia Meloni, che all’Assemblea generale dell’Onu ha ribadito il pieno sostegno a Israele, è un dato difficile da ignorare. Perché se è vero che la politica estera è spesso terreno di manovra delle élite, è altrettanto vero che la sensibilità dei cittadini pesa, e non poco. Quasi il 63% degli intervistati ritiene infatti che la linea attuale del governo possa erodere consenso. Un campanello d’allarme per un esecutivo che, a differenza di altri dossier internazionali, qui non si trova davanti a un’opinione pubblica indifferente ma a un popolo che chiede una presa di posizione chiara.
«Che la maggioranza fosse favorevole era prevedibile, ma non in queste proporzioni», sottolinea Giacomo Spaini, presidente di Izi. «E il dato più sorprendente è il contributo proveniente dagli elettori dei partiti di governo». In altre parole, non si tratta di un vento di protesta alimentato dall’opposizione, ma di un sentimento trasversale che corre lungo tutta la società italiana.
Resta però il nodo geopolitico. Riconoscere la Palestina non è solo un atto simbolico: significa schierarsi in uno degli scenari più complessi del mondo contemporaneo. Da anni il dibattito internazionale si concentra sui confini del 1967 – la cosiddetta “Linea Verde”, che comprende Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme Est – e sulla possibilità di due Stati che convivano fianco a fianco. Ma sul terreno, la realtà racconta altro: insediamenti israeliani cresciuti in Cisgiordania, fratture politiche tra Hamas e l’Autorità nazionale palestinese, una comunità internazionale divisa tra realismo e utopia.
Il ruolo di Hamas resta un’incognita pesante. Nato nel 1987 come costola dei Fratelli Musulmani, il movimento islamista ha sempre rifiutato l’esistenza di Israele. Solo nel 2017 la sua carta è stata parzialmente rivista, aprendo all’idea di uno Stato palestinese indipendente “secondo le linee del 1967”. Una formula che lascia più dubbi che certezze: apertura tattica o vera evoluzione politica? Nel frattempo, il gruppo continua a usare la lotta armata come strumento principale, alimentando i timori di chi teme che un riconoscimento possa rafforzare proprio i settori più radicali.
Eppure, nonostante queste ambiguità, la comunità internazionale sembra aver intrapreso un percorso. Spagna, Irlanda e Norvegia hanno già riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina, altri Paesi europei stanno valutando. All’Onu il tema è tornato al centro del dibattito, con una spinta che cresce anche in America Latina e in Asia. L’Italia, per ora, resta alla finestra, mantenendo la formula storica: sostegno alla soluzione dei due Stati, ma senza passi concreti.
In questo scenario, il sondaggio Izi mette pressione al governo e al Parlamento. Perché non si tratta più solo di una questione internazionale, ma anche di politica interna. Le piazze italiane hanno già dato segnali chiari, con manifestazioni pro-Palestina partecipate e diffuse in tutto il Paese. Non più iniziative isolate, ma cortei che coinvolgono sindacati, associazioni cattoliche, movimenti studenteschi. Un mosaico di realtà che rende evidente come il tema abbia valicato i confini della geopolitica per entrare nel cuore delle coscienze civili.
C’è poi un aspetto culturale da non trascurare. L’Italia ha una lunga tradizione di vicinanza alla causa palestinese, alimentata da decenni di narrazione politica, giornalistica e accademica. Una memoria che riaffiora oggi, in un contesto in cui la sensibilità per i diritti umani e per la pace è amplificata dalle immagini quotidiane provenienti da Gaza e dalla Cisgiordania.
E allora, cosa farà la politica? La maggioranza sembra destinata a mantenere la linea di prudenza, legata alle alleanze con Stati Uniti, Israele e Unione Europea. Le opposizioni spingono invece per un passo più deciso, che allinei Roma ai Paesi europei che hanno già riconosciuto la Palestina. In mezzo, un’opinione pubblica che sembra avere già deciso da che parte stare.
Resta da capire se il governo vorrà o potrà seguire questa spinta. Perché, come sempre, la distanza tra i cittadini e le istituzioni si misura nel tempo che passa tra ciò che la gente chiede e ciò che la politica decide. In questo caso, il sondaggio non lascia spazio a interpretazioni: quasi nove italiani su dieci vogliono il riconoscimento dello Stato di Palestina. La politica, per ora, non li segue.