Nelle prime settimane di lancio tanti utenti “pirata” avevano rinunciato al famoso “pezzotto”. Anche se seguire la propria squadra del cuore e diventato oltre che un salasso, un intrico di abbonamento da incastrare, la paura di subire conseguenze ha scoraggiato molti. Tuttavia la paura è durata poco, e gli irriducibili del “pezzotto” hanno riacceso i loro decoder ricominciando a vedere tutto quello che offrono le piattaforme. Adesso una nuova battaglia (legale tra l’altro) potrebbe addirittura cancellare lo strumento inventato per stoppare le riproduzioni illegali.
Piracy Shield, la piattaforma anti pirateria lanciata dall’AGCOM, deve essere fermata. A dirlo non è un manipolo di incalliti pirati del Web ma Assoprovider, l’associazione di operatori delle telecomunicazioni indipendenti che, a causa dello strumento anti pezzotto, si ritengono ingiustamente danneggiati.

Per questo Assoprovider ha annunciato il prossimo passo della sua battaglia legale contro Piracy Shield: l’associazione si è rivolta alConsiglio di Stato. Non è il primo giudizio legale chiesto da Assoprovider che in precedenza si era già rivolta al TAR del Lazio, senza però ottenere i risultati sperati.

Assoprovider, tramite uno studio legale di Roma, ha presentato ricorso al Consiglio di Stato per chiedere il blocco di Piracy Shield. Le motivazioni sono ormai note: insieme ai flussi di dati illegali del pezzotto, la piattaforma blocca per sbaglio anche siti e servizi del tutto legittimi.

Incidenti di percorso dovuti al meccanismo di funzionamento di Piracy Shield, che punta più sulla rapidità che sulla precisione, e che sono stati prima negati dal commissario AGCOM Massimiliano Capitanio e poi parzialmente ammessi dal presidente Giacomo Lasorella.

Assoprovider afferma di aver ricevuto “decine di segnalazioni di utenti, imprese ed associazioni, ingiustamente lese nei propri diritti” e, per questo, ha deciso di “continuare la sua battaglia per la legalità e la tutela dei diritti dei cittadini su internet“.

Questo passaggio è molto importante, perché Assoprovider non parla più solo di danni economici alle aziende bloccate per sbaglio, ma anche di “diritti dei cittadini su internet“. Piracy Shield, quindi, sarebbe una sorta di strumento di censura del web.

Il Consiglio di Stato avrà ora il potere di ribaltare la sentenza del Tar del Lazio di gennaio, secondo cui Piracy Shield è uno strumento di contrasto della pirateria audiovisiva pienamente legittimo e i suoi “metodi forti” sono del tutto giustificati dall’esigenza di “fornire strumenti di rapido intervento nei confronti dei fenomeni massivi di violazione del diritto d’autore online“.