Un risultato per molti versi annunciato, quello in Calabria per il centrosinistra. E questo, al netto del valore del candidato Pasquale Tridico. I ringraziamenti dei leader della coalizione all’esponente del M5s sono unanimi, anche perché l’impresa si presentava, fin dall’inizio, ai limiti dell’impossibile.

A remare contro il fronte progressista è stato soprattutto il fattore tempo: le dimissioni di Roberto Occhiuto da presidente soltanto a fine luglio hanno imposto la necessità di individuare in tempi stretti un candidato, scrivere il programma e completare le liste in poco più di due mesi.

«Sono state elezioni molto particolari» osserva il presidente del M5s Giuseppe Conte, «convocate in fretta e furia dal presidente uscente».

La corsa contro il tempo e la strategia del centrodestra

Anche nel Partito Democratico la convinzione è unanime: «Tridico ha dovuto fare una campagna elettorale in un mese e mezzo, durante il mese di agosto, mettendo in piedi un programma all’ultimo momento» spiegano dal Nazareno. «Una partita molto complicata per chiunque».

Il centrodestra, invece, aveva già pronto candidato e programma nel governatore Occhiuto, nonostante l’avviso di garanzia per presunta corruzione. In pochi giorni è maturata la decisione di ricandidarlo, condivisa con tutta la coalizione. La data delle elezioni è stata poi fissata una settimana dopo il voto nelle Marche, una scelta che – secondo molti nel Pd – risponde a una strategia precisa: costruire una narrazione vincente per Giorgia Meloni e il centrodestra.

L’obiettivo, dicono nel quartier generale dem, sarebbe quello di «vincere nelle Marche e in Calabria e passare subito sul 2-0», così da affrontare «in vantaggio» la seconda parte della tornata elettorale nelle regioni più difficili – Puglia, Campania e Toscana – e chiudere in bellezza con il Veneto, roccaforte storica del centrodestra.

La posizione del Pd e il ruolo di Tridico

Dal Pd si sottolinea che la mobilitazione per Gaza non ha influito sul voto calabrese. «Io sono andato in piazza in questi giorni per il popolo palestinese perché vivo come un’ingiustizia tremenda il fatto che dei bambini siano uccisi dal governo Netanyahu. Ma non pensavo né alla Calabria né alle Marche», chiarisce il deputato Nico Stumpo. «Non dobbiamo mettere insieme cose che non hanno nulla a che fare l’una con l’altra».

Stumpo aggiunge poi: «Ora il tema politico è riuscire a fare un salto di qualità tutti cercando di costruire insieme una coalizione in grado di governare».

Pasquale Tridico, spiegano fonti parlamentari dem, ha avuto il pieno sostegno della segretaria Elly Schlein, che è volata più volte in Calabria per sostenerlo. La scelta di mettere a disposizione due liste – Democratici Progressisti e Tridico Presidente – rispondeva all’esigenza di rafforzare la presenza dem e drenare voti a favore del candidato presidente.

La somma delle due liste ha portato a circa il 20 per cento, con una crescita di cinque punti rispetto alle precedenti elezioni regionali.

Il nodo interno al Pd e le critiche riformiste

Nonostante il miglioramento nei numeri, la doppia sconfitta nelle Marche e in Calabria rischia di pesare sugli equilibri interni del Pd. L’ala riformista ha scelto per ora la linea del silenzio, almeno fino alla fine della tornata regionale, ma non mancano le perplessità.

«Dopo la sconfitta delle Marche, dai Cinque Stelle c’era chi attribuiva la responsabilità al candidato dem. Non sembra sia andata molto meglio con uno dei loro» osserva una deputata.

Chi boccia senza appello lo schema delle alleanze è un padre nobile del Pd come Arturo Parisi: «La democrazia è democrazia solo se esiste una concreta alternativa che consenta al cittadino di scegliere. Marche e Calabria dicono che al momento non c’è».

E ancora: «Guai se qualcuno tornasse a immaginare che l’alternativa sia tra il Palazzo e la Piazza».

Un richiamo, quello di Parisi, a quella vocazione di governo che i riformisti considerano progressivamente smarrita sotto la segreteria Schlein.

I segnali di apertura e la sfida dell’unità

Nonostante le tensioni, tra i riformisti del Pd vengono accolti positivamente alcuni segnali di apertura da parte della segretaria. Il primo, al festival di Fanpage, dove Schlein ha riconosciuto che «il mantra dell’unità, da solo, non basta», e che servono «proposte coerenti e piedi tra la gente».

Il secondo, la convocazione di una riunione della segreteria per discutere di manovra e politiche industriali, a partire dal libro verde di Andrea Orlando.

Lo schema di alleanza tra Schlein, Conte e il tandem Bonelli-Fratoianni regge ancora, ma anche tra gli alleati rossoverdi si riconosce la necessità di un rilancio: «L’unità è condizione necessaria ma non sufficiente. L’impressione che il campo progressista risulti il frutto di improvvisazione e di necessità più che l’espressione di una chiara idea di Paese continua a pesare sull’efficacia della nostra proposta. Occorre un cambio di passo».

«L’unità del centrosinistra rimane una condizione indispensabile per vincere e governare» afferma Igor Taruffi, capo organizzazione del Pd, che invita a sospendere ogni polemica: «Come abbiamo detto fin dal primo giorno, i conti di questo turno elettorale andranno fatti alla fine. Marche e Calabria sono due importanti regioni che insieme contano circa tre milioni di abitanti».

E ricorda: «Nelle prossime settimane voteranno regioni come Toscana e Puglia, che contano oltre quattro milioni di abitanti ciascuna. O la Campania, con sei milioni di abitanti, la seconda regione più popolosa d’Italia e la prima del Mezzogiorno».