Senti nell’aria c’è già… l’odore della pietanza più famosa delle feste. A Cosenza l’Immacolata è sacra. Ovunque, in ogni strada, androne, cortile, palazzo, traversa, l’odore della festa è quella del classico fritto, quello del cuddruriaddru che si mangia sia la sera della Vigilia che il giorno stesso. Il piatto con la pronuncia più caratteristica (e complicata) che conosce varianti lessicali multiformi a seconda della zona (montagna, collina, mare) è il protagonista delle tavole cosentine, il must irrinunciabile, la tradizione per antonomasia dopo la “gloria” della Vigilia e il cantautore Enrico Granafei gli ha anche dedicato un pezzo cult che ogni anno spopola su Youtube (qui il link per ascoltarlo).

Il nome deriva da “cuddura” e dal greco antico κολλύρα (kollura) cioè “corona”. La forma circolare con il buco era agevole per i girovaghi e i pastori che li inanellavano al braccio o al bastone durante viaggi e transumanze. In tutta la Calabria vengono preparati ma con nomi diversi a seconda delle zone geografiche: così che i cuddruriaddri diventano, spostandosi dal centro di Cosenza culluriellizippuli o grispelle.

Queste particolari ciambelle vengono preparate con acqua, farina e lievito di birra. La ricetta originale cosentina non prevede le patate, molti però le aggiungono per rendere l’impasto ancora più soffice e delicato. Per i più golosi, esiste poi una versione dolce, dove i cuddruriaddri appena fritti, vengono passati nello zucchero. Una volta gettati nell’olio bollente, tradizione vuole che si buchino al centro con il manico della “cucchiaia di legno” per creare il classico effetto ad anello.

Vediamo come si prepara questa ricetta tenendo presente che, dosi precise a parte, vale la regola principe: “Farina… quanto se ne piglia”.

Ingredienti

  • 1 kg farina
  • 1/2 kg patate
  • 2 lieviti di birra
  • 1 cucchiaio di olio d’oliva
  • acqua e sale quanto basta  

Preparazione

Lessare le patate, sbucciarle e, quindi, schiacciarle con l’apposito schiaccia patate. Riscaldare dell’acqua in un pentolino in modo che diventi tiepida. Sciogliervi il lievito. Impastare le patate con la farina e l’acqua nella quale si è appena sciolto il lievito e solo dopo aggiungere il sale (lievito e sale non devono stare a contatto diretto). Aggiungere anche l’olio. Se si nota che la pasta “rimane” troppo dura si può aggiungere dell’acqua tiepida.

Se l’impasto dovesse risultare troppo morbido aggiungere farina. A questo punto bisogna preparare i “panetti” e distanziarli per evitare che si appiccichino tra loro. Lasciare il tutto a lievitare per un’ora e mezza o due, a seconda della temperatura dell’ambiente (coperti e al caldo e su un piano ben infarinato). Formare, quindi, le classiche ciambelle con il buco e mettere a friggere in olio caldo. Servire bollenti.