Nel clima coinvolgente di Civita Nova Radicarsi, la manifestazione nel rione Civita di Castrovillari iniziata il 28 agosto e terminata ieri, è stato consegnato il Premio Castrovillari D’autore, ottava edizione, allo scrittore Diego De Silva. Diego De Silva, scrittore, giornalista e sceneggiatore, è nato a Napoli nel 1964. Ha pubblicato Certi bambini (2001, 2014 e 2021.

Premio selezione Campiello, da cui è stato tratto il film diretto dai fratelli Frazzi), La donna di scorta (2001), Voglio guardare (2002, 2008 e 2017), Da un’altra carne (2004 e 2009), Non avevo capito niente (2007 e 2010, Premio Napoli, finalista al premio Strega), Mia suocera beve (2010 e 2012), Sono contrario alle emozioni (2011 e 2013), Mancarsi (2013), la trilogia Arrangiati, Malinconico (2013), che riunisce in un unico volume Non avevo capito niente, Sono contrario alle emozioni, Mia suocera beve, Terapia di coppia per amanti (2015 e 2017, da cui è stato tratto il film diretto da A. M. Federici), Divorziare con stile (2017 e 2019), Superficie (2018), I valori che contano (avrei preferito non scoprirli) (2020 e 2022), Le minime di Malinconico (2021), Sono felice, dove ho sbagliato? (2022 e 2023) e I titoli di coda di una vita insieme (2024).

Dai romanzi che hanno per protagonista Vincenzo Malinconico è stata tratta la serie tv prodotta e trasmessa da Rai 1. Suoi racconti sono apparsi nelle antologie Disertori, Crimini, Crimini italiani, Questo terribile intricato mondo, Scena padre , Giochi criminali e Figuracce. Il premio è stato presentato da Sasà Calabrese, musicista, compositore e cantastorie <quest’anno, per la prima volta, il Premio Castrovillari D’autore rompe gli argini musicali, consegnando il premio ad uno scrittore importante come Diego De Silva.

L’autore ha dialogato con Maria Francesca Piragine, scrittrice e poetessa. Diego De Silva con la sua scrittura tagliente e con la sua ironia ha messo a nudo l’inconsistenza che c’è dietro a tante velleità intellettualistiche. Ho scoperto De Silva grazie ad un’ antologia di racconti pubblicata da Einaudi, che si chiama Disertori, raccolta di racconti di tanti scrittori del sud e fu per me una folgorazione. Da allora non ho mai smesso di leggerlo.

Temi trasversali accomunano la scrittura di De Silva: il tema dell’amore e della perdita che ricorrono nei suoi romanzi, ma anche e soprattutto il tema delle parole letterarie e del bisogno di letteratura oggi. I titoli di coda di una vita insieme è l’ultimo libro di De Silva, con uno spessore psicologico tale per cui l’autore chiede al lettore qualcosa in più nel sondare l’amore nella fase finale, quando due persone che si sono molto amate hanno deciso di separasi.

Mi sono domandato cosa succede in quella fase che precede il giorno fatidico e miserabile dell’udienza di separazione. In quell’interregno i protagonisti continuano a vivere nella stessa casa. Come cambia il linguaggio di due persone che vivono questo tipo di condizione?  argomenta lo scrittore De Silva.

Per due persone che si sono amate tutto questo diventa particolarmente doloroso: l’insoddisfazione di vedere il proprio matrimonio ridotto a due pagine di carta bollata che non dicono nulla di ciò che davvero è stata la vita con un’altra persona. <L’istituzione subentra nella prima fase del matrimonio, quando lo certifica e lo autorizza. E se si arriva alla separazione, lo Stato interviene per certificarne la fine. All’invadenza delle istituzioni nulla possiamo, ma cosa c’entra tutto questo con l’amore?

E che c’entra con l’amore nella fase finale? L’amore è carico di storie, di vissuti, di figli, di progetti , di speranze, di naufragi che meriterebbero ben altre parole, ben altro linguaggio. In quel momento non servono avvocati, serve la letteratura. Il bisogno della letteratura, come qualsiasi forma d’arte consiste nella sua inutilità. L’arte non nasce mai da un impulso di mercificazione. Ma l’impulso originario che è alla base dello stimolo creativo è quello di dare parole alle cose: bisogno di raccontare, di ordinare in uno schema estetico quanto ci accade. Il bisogno di letteratura è di provare a dare un senso ulteriore alle cose, continua lo scrittore.

Senza raccontare ciò che viviamo è come se non l’avessimo vissuto. La grande letteratura ha già nominato le esperienze molto prima che le vivessimo. Leggendo, ognuno di noi si ritrova in quel particolare racconto che ci smuove qualcosa dentro.

La letteratura vera mostra la parte peggiore di noi stessi, gli aspetti sbagliati che spesso cerchiamo di occultare. Questo sentirsi insicuro, precario, quasi sbagliato ci fa essere una persona, conclude De Silva. In una storia d’amore si raccontano due storie, ciascuna dal proprio punto di vista.

La ricerca delle parole più giuste per la fine di un amore, per la sintassi di un addio, sono il centro dell’ultimo libro di De Silva. Un autore che non abbandona mai quel filo di ironia che lo contraddistingue e che lui stesso esorta a non abbandonare di fronte agli aspetti incomprensibili e ridicoli della vita. (Alessandra Bruno)