In molte comunità calabresi l’8 dicembre non è soltanto una data del calendario liturgico, ma un momento identitario che segna l’ingresso nel clima del Natale. Nelle case, nelle strade e nei borghi della provincia di Cosenza, la vigilia dell’Immacolata rappresenta ancora oggi un appuntamento che unisce convivialità, memoria familiare e devozione popolare, mantenendo vivo il legame con le radici contadine del territorio.

Il 7 dicembre è il giorno del primo grande cenone “pre-natalizio”, quando le famiglie si riuniscono attorno ai piatti che raccontano la tradizione gastronomica locale. La pasta ammullicata apre il rituale del gusto con il profumo delle molliche tostate e dell’aglio soffritto, mentre il baccalà fritto e la zucca rossa rievocano l’essenzialità di una cucina povera ma ricca di significati. A chiudere il cerchio arrivano i cuddruriaddri, soffici e dorati, simbolo autentico dell’attesa del Natale. La loro preparazione, ancora oggi affidata alla gestualità tramandata nelle famiglie, restituisce il senso di una festa che inizia dalla cucina.

Accanto al cenone, il passato custodisce un’altra immagine cara ai calabresi: il grande falò acceso nei quartieri dei paesi. Intorno al fuoco la comunità si ritrovava per cantare al suono della zampogna e dell’organetto, in un clima di attesa condivisa che univa generazioni diverse. Anche se oggi questa tradizione è stata trasferita alla notte del 24 dicembre, conserva il fascino di un rito collettivo che appartiene alla memoria dei borghi.

A Verbicaro, nel cuore del Tirreno cosentino, l’Immacolata significa soprattutto Perciavutta, la festa in cui si “apre la botte” del vino nuovo. È un rito antichissimo, fatto di vicinato, amicizia e calici condivisi. Il vino si accompagna alle grespelle ripiene, ai peperoni secchi, al cavolfiore fritto, in un’atmosfera che riflette pienamente lo spirito conviviale del paese. La saggezza popolare ricorda che “chini i boni festi vò fari, i l’otto dicembre addi cominciari”, confermando quanto questa data sia radicata nella cultura locale.

La solennità religiosa dell’Immacolata, proclamata dogma da papa Pio IX nel 1854, si innesta sulle pratiche popolari che risalgono alla peste del 1656, quando molti comuni calabresi fecero voti e promesse, dando vita a processioni, digiuni e luminarie. La Calabria continua a vivere questa ricorrenza come un momento che congiunge fede e tradizione, custodendo le storie di famiglia e l’identità delle comunità.