Dieci giovani migranti dei SAI del territorio concludono un percorso formativo e umano che trasforma la cucina in un ponte tra culture e futuro
Tutti gli articoli di Societa
PHOTO
C’è una luce diversa nelle cucine della Maccaroni Chef Academy di Cosenza in questi giorni. Una luce fatta di speranza, determinazione e prime volte. Dieci giovani migranti accolti nei centri SAI di Casali del Manco, Celico, Mendicino e Domanico stanno per concludere il progetto “Cuochi d’altri Mondi”, un percorso che ha superato il semplice ambito formativo trasformandosi in un’esperienza umana profonda, in cui il cibo è diventato linguaggio, cura e identità.
Per due mesi, sotto la guida dello chef Roberto Spizzirri, questi ragazzi hanno imparato tecniche, ricette, regole del mestiere e quella disciplina che in cucina è tanto importante quanto il talento. Hanno trasformato ingredienti in storie, hanno ritrovato nel profumo del pane o delle spezie un frammento di casa, hanno scoperto che cucinare è anche un modo per ricominciare.
Tra loro c’è Amara Camara, ventidue anni, arrivato dal Mali con un passato difficile e la nostalgia di una famiglia lontana. Racconta che la cucina è il suo posto sicuro, il luogo in cui i pensieri si quietano. Qui ha scoperto il mondo della pasta fresca, un gesto paziente che a lui ricorda la possibilità di costruire da zero un percorso nuovo.
C’è poi Fahima Faqiri, afghana, trentenne, approdata in Italia pochi mesi fa. Porta con sé la delicatezza della cucina di casa sua e il coraggio di reinventarsi. Dice di aver riscoperto la forza del colore nelle verdure al forno, un piatto semplice che per lei ha il sapore della serenità.
E ci sono Farag e Ahmed, entrambi diciassettenni egiziani accolti nel SAI MSNA. Il primo racconta la curiosità con cui esplora ogni tecnica, dal pane ai tagli più complessi. Il secondo sogna di diventare pizzaiolo perché, dice sorridendo, “la pizza è un sorriso che può arrivare ovunque”.
Gli altri partecipanti arrivano dalla Guinea, dal Gambia, dall’Egitto e dal Bangladesh. Ragazzi giovanissimi, spesso minorenni, che hanno attraversato rotte pericolose prima di arrivare qui. Nei SAI hanno trovato adulti pronti a sostenerli: Pietro Spadafora, Cettina Santangelo e Lidia Pantusa, figure di riferimento che li hanno accompagnati passo dopo passo, diventando punti fermi nelle loro giornate.
Il progetto, sostenuto dall’Assessore regionale al Welfare Pasqualina Straface, rappresenta un modello concreto di integrazione socio-lavorativa. Formazione professionale, inclusione culturale e avvicinamento al mondo del lavoro sono gli assi portanti della strategia regionale. Straface lo ribadisce con chiarezza: questi giovani possono diventare una risorsa per la Calabria, a patto che siano accompagnati in percorsi legali e protetti dal rischio di sfruttamento.



