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Il 16 febbraio del 2001 a Cosenza si iniziò a sognare la Serie A più di quanto non fosse stato fatto fino a quel momento. Più delle settimane trascorse in testa alla classifica, più del calciomercato invernale che portò al San VitoGigi Lentini e Pietro Strada. Quel pomeriggio, battendo il Venezia, una delle candidate al salto di categoria, il team di Bortolo Mutti si posizionò alle spalle del Chievo Verona. L’entusiasmo era alle stelle, anche perché solo una settimana prima si era sbancato lo Scida di Crotone in inusuale (per l’epoca) derby rossoblù. A mandare al tappeto il Venezia ci pensò Marco Giandebiaggi, un centrocampista tuttofare che sfruttò al meglio un assist di Savoldi.
Giandebiaggi, ricorda quel gol?
«Certo che lo ricordo. Si trattava di 90’ di cartello, arrivava il Venezia di Prandelli e noi stazionavamo da un po’ nelle zone alte. Loro nel primo tempo ci avevano messo sotto, del resto avevano un potenziale importante, noi cercavamo di non scoprirci. Nella ripresa fece una grande giocata Savoldi sulla sinistra e io mi inserii nella retroguardia avversaria. Mi ritrovai solo in area ad incocciare quel tiro-cross: la mia bravura fu tenere il corpo e la testa fermi, perché vi assicuro che quella di Gianluca era una bordata. La palla entrò, da lì poi soffrimmo fino alla fine, ma potevamo contare su una grande difesa».
C’era uno stadio pieno, che toccò il cielo con un dito…
«Quel risultato esaltò tutto l’ambiente. Eravamo consapevoli della nostra forza, ma la Serie B era lunga e tortuosa. Il mix era giusto, ce la siamo giocata fino in fondo. Purtroppo andò male e sciupammo delle occasioni per poi arrivare a quel maledetto Chievo-Cosenza».
Giandebiaggi, se pensa a Cosenza cosa le viene in mente?
«Al di là dell’aspetto sportivo, avevo la mia famiglia con me. Mi calai perfettamente in un gruppo molto positivo e con queste basi lavori meglio. Della città ho un ottimo ricordo e ho lasciato tanti amici. Luca Pagliuso, il figlio del presidente, stava con noi ed era uno dello spogliatoio. Io provenivo da un biennio a Verona con una promozione e una salvezza ancora più importante in Serie A».
Nella sua lunga carriera, fu l’unica tappa al sud. Che differenze colse con città come Parma, Cremona o Verona?
«Non ho girato tanto a dire il vero e le piazze calde del sud le avevo viste solo giocandoci contro. Il calore della gente è differente, a Cosenza ho vissuto la mia esperienza con entusiasmo e anche quando nel secondo anno le cose andarono male, non ci fu nulla di esasperato. Molto però dipende tutto dal calciatore: se in campo dai tutto, hai solo da guadagnare. E’ questo che fa la differenza, l’atteggiamento. In Calabria ho trovato molto equilibrio».
Che rapporto aveva con Mutti? E con chi legò maggiormente nello spogliatoio?
«Conoscevo già Pietro Strada, ma in molti avevamo i bambini piccoli. Ci vedevamo spesso con De Angelis, Altomare e Morrone. Eravamo un bel gruppo anche con Micillo e Pavone. Per ciò che concerne il mister, sapevo della sua stima. Con il compianto Mondonico andò diversamente, tanto che giocai un numero inferiore di partite. Furono due annate diverse sotto tutti i punti di vista».
Cosa fa oggi Giandebiaggi?
«Sono agente commerciale dell’Erreà, lo sponsor tecnico del Parma. Prima ho allenato nel settore giovanile dei ducali e nei dilettanti. Ma continuo a vedere tante partite e a restare nel mondo del calcio».
Sabato si gioca Cosenza-Venezia, i rossoblù non vincono da allora. E’ tempo di cedere il testimone?
«Sì, decisamente. Speriamo che ci sia qualcuno pronto a raccoglierlo. Seguo il Cosenza con grande affetto, mi sono emozionato per la promozione, e so che una vittoria sarebbe molto importante per la classifica. I tre punti darebbero il la ad un nuovo campionato».