TALARICO DEPUTATO IN CAMBIO DI FAVORI: ECCO COSA EMERGE DALL’INCHIESTA
Ecco cosa emerge dall'inchiesta che ha travolto Francesco Talarico, in cerca di voti nel 2018 per farsi eleggere alla Camera dei Deputati.
A distanza di pochi mesi dall’arresto, poi annullato, di Mimmo Tallini, la Giunta regionale della Calabria viene travolta dall’inchiesta su Francesco Talarico, assessore regionale al Bilancio, indagato nell’operazione “Basso profilo”, coordinata dalla Dda di Catanzaro. C’è una “sceneggiatura” investigativa che lega le due inchieste. In entrambe le indagini infatti sono presenti le figure dei “faccendieri” ritenuti vicini a varie cosche di ‘ndrangheta, del politico “corrotto” (ma nel caso di “Basso profilo” sono due, vista la presenza di Lorenzo Cesa) e del mondo dell’imprenditoria che, al pari del livello politico, va a caccia di affari in giro per l’Europa. Stavolta in Albania «dove c’è un livello di corruzione pazzesco» afferma uno degli indagati.
Il filo investigativo che lega Tallini a Talarico
Rispetto a “Pharmabusinnes”, nell’indagine condotta dalla Dia emerge la figura di Ercole d’Alessandro, luogotenente della Guardia di Finanza, oggi in pensione, ma in servizio all’epoca dei fatti presso il Nucleo di Polizia economico-finanziario GICO – SEZ. GOA di Catanzaro. Si tratta di un esponente delle forze dell’ordine, nato in provincia di Cosenza, ma residente da anni a Catanzaro che aveva come principale interesse quello di inserire il figlio Luciano nell’affare albanese, facendolo entrare nella società di Gallo, a cui volevano partecipare anche Tommaso e Saverio Brutto.
Se gli indagati parlano di Cesa
In verità, come nel caso di Tallini, Talarico non è consapevole di avere di fronte, come suoi interlocutori, gente vicina ai clan del Crotonese, ma evidenzia comunque un interesse nel portare avanti la questione “Albania”, avendo dalla sua un sostegno elettorale che gli avrebbe fatto comodo alle elezioni Politiche del 2018. Quindi, la politica garantisce di aprire le strade del “benessere” agli imprenditori e “faccendieri pericolosi” in cambio di voti. Il succo del discorso è questo. Su Lorenzo Cesa, inoltre, ci sono soltanto discorsi riportati da altri e perciò la contestazione di concorso esterno in associazione mafiosa, rispetto ai profili giuridici, è “de relato”, ovvero sono gli altri che parlano di lui, ma di lui non v’è traccia.
Le conversazioni con il luogotenente della Finanza
Facendo un passo indietro, focalizziamo le attenzioni investigative su Antonio Gallo che temeva, nel mentre si svolgeva l’attività d’indagine, di essere coinvolto in un’altra operazione antimafia, essendo a conoscenza che alcuni pentiti avevano fatto il suo nome ai magistrati della Dda di Catanzaro. Ma il rapporto con Ercole D’Alessandro, presentatogli dai Brutto, si fa sempre più stringente e “d’interesse”, quando la truppa “democristiana” punta ad espandere gli investimenti economici in Albania. Gallo, per la cronaca, lavora nel campo dell’antinfortunistica.
Con Ercole D’Alessandro avvengono diverse conversazioni di rilievo, dove il finanziere mette in riga l’imprenditore, redarguendolo insieme al figlio di alcune frasi dette in presenza dei Brutto. Insomma, quando i due parlano non si percepisce davvero che Gallo sia un personaggio pericoloso con intenti criminali. Poi però arriva la parte del presunto voto di scambio messo in atto dagli uomini vicini a Francesco Talarico nella città di Reggio Calabria.
Talarico, Reggio Calabria e il sogno della Camera dei Deputati
I presunti collegamenti mafiosi di Talarico, diretti o indiretti, con le cosche più potenti della ‘ndrangheta, “De Stefano-Tegano”, sarebbero avvenute sempre tramite terze persone, vicine a loro volta ai gruppi mafiosi noti. Così i Brutto invitano Gallo ad interessarsi della candidatura di Talarico, che aveva scelto il collegio uninominale di Reggio Calabria, nella speranza di farsi eleggere alla Camera dei Deputati. L’interesse di Tommaso Brutto era soltanto uno: sistemare il figlio, Saverio. Come? Inserirlo nella segreteria di Talarico, come segretario particolare. E per fare ciò pressano Gallo affinché crei i presupposti per raccogliere voti in provincia di Reggio Calabria, grazie ad amicizie con esponenti della criminalità reggina, fatti conoscere a sua volta dal boss Nicolino Grande Aracri.
Gallo dunque “intercetta”, dopo vari incontri tenutosi a Roma, «Natale Errigo, Antonio Utano, Francesco Paolo Votano e Antonino Pirrello». Talarico, dal canto suo, avrebbe promesso una serie di cose: sistemare il figlio di Tommaso Brutto; essere compiaciuto che nell’affare albanese fosse stato inserito anche Luciano D’Alessandro, figlio di Ercole; cercare di passare qualche commessa importante a Gallo su Roma; di aprire nuove strade, attraverso Cesa, negli enti pubblici. Nel caso di specie si tratterebbe di un consulente amico dell’ormai ex segretario nazionale dell’Udc che lavorava per Enac, Eni, Telecom e Anas.
«Antonio chi?»
Tuttavia, quando Saverio Brutto parla di Antonio Gallo a Francesco Talarico, l’assessore regionale al Bilancio non comprende il riferimento. «Per la campagna elettorale dobbiamo stringere bene ad Antonio (Gallo, ndr)». E Talarico risponde: «Antonio chi?» riferendosi a Saverio, che replica: «Quel ragazzo che ho l’attività insieme in Albania». Insomma, Talarico non sembra conoscere questo imprenditore, “sponsorizzato” dai Brutto, i quali invitano il segretario regionale dell’Udc di fargli conoscere Cesa «che gli fa chiudere qualche cazzo di cosa» con l’intento di invogliarlo a cercare voti nella campagna elettorale del 2018.
«Siamo il gruppo che seguiva Caridi»
Il 16 gennaio 2018, quando mancava meno di un mese e mezzo alle votazioni nazionali, Francesco Talarico incontra a Roma Antonio Gallo, Natale Errigo e Antonino Pirrello. Errigo, nel presentare le loro capacità elettorali in termini di voti, fa presente al politico dell’Udc che «noi siamo il gruppo… diciamo che seguiva Antonio (Caridi, ndr) dappertutto, andavamo… cioè per dirne una… andavamo anche al compleanno di Berlusconi eh”». Mentre Pirrello precisava: «Allora guarda Francesco, io non chiedo né posti di lavoro né niente, però un minimo di attenzione quando… non è che uno deve fare per essere ricevuto… questo.. non è che… io ho due fratelli, tutti e due da sistemati, lavorano, io parlo chiaro sono molto esplicito».
Tuttavia, Gallo qualche mese prima aveva detto a Talarico che al gruppo non servivano soldi «che ne abbiamo… grazie a Dio lavoriamo… che ne abbiamo… stiamo bene… però ci serbe un referente… se abbiamo bisogno di qualcosa… non vogliamo né imbrogli… sia chiaro… Un punto di riferimento… illeciti non ce ne servono… però a volte ci serve un’entratura, una presentazione». Errigo, infine, un mese prima delle elezioni, ribadiva a Gallo che il suo interesse era quello di essere inserito in un organismo di vigilanza per prendere quasi 9mila euro all’anno.
Le valutazioni del gip Alfredo Ferraro
Secondo il gip Alfredo Ferraro, «gli elementi indiziari hanno messo in luce il raggiungimento di un accordo tra il politico Talarico e Gallo. In particolare, tale accordo veniva raggiunto grazie all’intermediazione dei Brutto che dapprima hanno suggerito vigorosamente la necessità che il Talarico si rivolgesse a Gallo, e successivamente hanno in concreto creato un collegamento tra i due uomini». Il gip infine, ritenendo che Cesa dovesse essere colui il quale apriva le porte a Gallo per l’aggiudicazione di appalti in pubbliche forniture di enti e società in house, scrive che sussistono per tutti i gravi indizi di colpevolezza, anche in virtù «della caratura mafiosa di Gallo, Errigo e Pirrello».