L’inchiesta della procura di Potenza sarà la goccia che farà traboccare il vaso? E’ ancora presto per dirlo, ma è evidente che le indagini condotte dall’ufficio inquirente lucano avranno ripercussioni su tutto il mondo della magistratura italiana. Se quello che la pubblica accusa ritiene di aver accertato, ovvero lo scambio di favori tra l’avvocato siciliano, Piero Amara e il magistrato Carlo Capristo, ex procuratore capo di Trani e Taranto, venisse confermato anche nei vari gradi di giudizio, saremmo davanti alla conferma che il “sistema delle toghe”, raccontato dall’ex pm della procura di Roma, Luca Palamara, nel libro “Il Sistema”, scritto da Alessandro Sallusti, esisteva davvero negli anni in cui il Consiglio Superiore della Magistratura, veniva usato come strumento per fare carriera e assecondare le ambizioni di magistrati che non avevano i titoli per occupare incarichi direttivi e semi-direttivi. 

A corroborare questa tesi, seppur dal punto di vista penale, ci pensa il gip del tribunale di Potenza, Antonello Amodeo, che nelle 306 pagine di ordinanza di custodia cautelare fa emergere le presunte “connivenze” illecite tra Amara e Capristo. Inchiesta, tuttavia, che fa anche un passo indietro, riprendendo dichiarazioni rese ai magistrati della procura di Perugia da parte dell’avvocato Giuseppe Calafiore, già coinvolto in un altro procedimento penale insieme ad Amara. E, infine, nelle carte dell’inchiesta spuntano anche i verbali resi a sommarie informazioni dell’ex ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia che ha ammesso di conoscere Capristo, ma di non aver mai parlato con Amara. 

Chi sono gli indagati

Le persone finite sotto inchiesta da parte della procura di Potenza sono undici, di cui cinque destinatari di misura cautelare. In carcere sono finiti Piero Amara e Filippo Paradiso, poliziotto, con un trascorso importante al Viminale. Arresti domiciliari per Nicola Nicoletti e Giacomo Ragno, mentre al magistrato Carlo Capristo è stato applicata la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di residenza. Rigettate le richieste di misura cautelare avanzate dalla procura nei confronti di Michele Nardi e Antonio Savasta. Gli indagati a piede libero, infine, sono Flavio D’Introno, Martino Marancia, Massimiliano Soave e Franco Maria Balducci.

Da Palamara ad Amara

L’attività investigativa, coordinata dal procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, riprende figure già note al panorama giudiziario italiano, come il “faccendiere”, Fabrizio Centofanti, amico di Luca Palamara, attualmente imputato nel processo che si sta svolgendo a Perugia. Tuttavia, i tentacoli di Piero Amara, avvocato, sarebbero arrivati fino a Taranto, dove era legale dell’ex Ilva. Così, la presenza di Capristo, secondo l’accusa, avrebbe favorito lo stesso Amara nelle interlocuzioni burocratiche a vantaggio della società e non solo.

Le dichiarazioni di Calafiore

Dei rapporti tra Piero Amara e Carlo Capristo ne parlano più o meno tutti i protagonisti, diretti e indiretti, della vicenda giudiziaria venuta alla luce in data odierna. Già nel 2018, Giuseppe Calafiore, ne parlava in questi termini. «Il procuratore Capristo, che io non conosco personalmente, era a Trani e già da quando era a Trani l’avvocato Amara mi parlava spessissimo di questo suo rapporto con il procuratore Capristo». Sta di fatto che il Consiglio Superiore della Magistratura promosse Capristo, nominandolo procuratore capo di Taranto.

Un anno dopo, inoltre, lo stesso Calafiore, dinanzi alla procura di Perugia, che nel frattempo indagava su Luca Palamara e Cosimo Ferri, «ribadiva sia i forti interessi economici-giudiziari di Amara a che Capristo divenisse procuratore di Taranto sia il ruolo di Paradiso che aveva finanche “avvicinato” la Casellati (allora componente laico del Consiglio Superiore della Magistratura) e Longo (in quella fase ancora pm a Siracusa). Siamo al 2020, quando Calafiore, sentito dai pm di Potenza, rincara la dose, «riferendo nomi e cognomi di persone contattate o da contattare (per mano di Amara e Paradiso) onde risolvere la vicenda della nomina di Capristo quale procuratore di Taranto: emergevano, invero – oltre al più volte menzionato Palamara – i nomi dei componenti del Csm, Forciniti e Balducci, gli onorevoli Boccia e Lotti; l’imprenditore Bacci, vicino alla famiglia Renzi». 

Parla l’onorevole Boccia

Che Capristo volesse andare a guidare la procura di Taranto, lo conferma anche l’onorevole del Pd, Francesco Boccia. E’ il 21 luglio 2020 quando l’ex ministro per gli Affari regionali del Governo Conte, dichiara quanto segue ai magistrati di Potenza: «Se non ricordo male ma mi sfugge il contesto in cui ciò è avvenuto, mi venne richiesto dal dr. Capristo» che in precedenza aveva confermato di conoscere «o forse da Paradiso di avere informazioni sulla procedura di nomina da parte del Csm per il procuratore di Taranto. In tale contesto – così come la Sv mi chiede – ebbi a richiedere tali informazioni a Paola e appresi dalla Balducci stessa», ex componente laico del Csm «che Capristo era uno dei papabili per la nomina. Ben mi sono guardato, rispettando l’autonomia dell’organo, di fare pressioni o altro e semplicemente raccolsi questa informazione generica e ben nota. In effetti poi ho appreso che il Csm nella sua autonomia deliberò la nomina del dr. Capristo a Taranto. Ripeto non escludo che in tale vicenda sia intervenuto anche Paradiso ma dato il tempo trascorso non ho un ricordo esatto».

E infine, Francesco Boccia, esclude che di essersi rivolto a Luca Lotti «per chiedere interessamenti per la nomina di chicchessia e quindi anche di Capristo». Insomma, dalle indagini emerge chiaramente una cosa molto semplice: tutti sapevano che Capristo voleva andare a Taranto. Non tutti, però, erano a conoscenza che ciò avrebbe privilegiato Piero Amara, di recente finito al centro della cronaca giudiziaria per le sue dichiarazioni sulla cosiddetta “Loggia Ungheria”, sulla quale stanno indagando cinque procure italiane (Milano, Brescia, Firenze, Roma e Perugia).

Le valutazioni del gip Amodeo

«Risulta sussistere quindi, a parere del gip, un quadro di gravità indiziaria circa il concreto e fattivo interessamento di Amara e Paradiso per la nomina di Capristo quale procuratore di Taranto, strumentale ad interessi economici di Amara verso le sue società e verso l’Ilva nonché al consolidamento del potere di Capristo con consequenziale capacità di elargire favori alla sua cerchia di fedelissimi» scrive il gip di Potenza, Antonello Amedeo. Per il giudice delle indagini preliminari sarebbe fondamentale, ai fini della sussistenza della gravità indiziaria, la chat di Luca Palamara. «Di particolare carica indiziaria è poi il messaggio WhatsApp nel quale il consigliere togato del Csm, Luca Palamara, scriveva “purtroppo troppe cose mi hanno schiacciato”, evidentemente alludendo al “peso” delle pressioni ricevute per le nomina di Capristo, nonostante questi non godesse di buona reputazione (nella chat risulta che di lui si direbbero “cose pessime”)».

Infine, una precisazione: «Deve essere tuttavia precisato, sia in fatto che in diritto, che l’attivazione Amara-Paradiso con attività di lobbing per la nomina del Capristo a Taranto non implica alcuna indagine sulla validità della nomina o la liceità della condotta dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura, questione estranea alla richiesta del pm nel presente procedimento e in relazione alla quale non viene delineato alcun profilo di rilevanza penale, che del resto esulerebbe dalla competenza di quest’ufficio».