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Si conclude con trentuno rinvii a giudizio l’udienza preliminare dell’inchiesta “Alibante“. Si tratta dell’indagine della Dda di Catanzaro contro la presunta cosca lametina dei Bagalà che avrebbe avuto interessi in diverse attività commerciali, nella politica e anche nel settore turistico. Proprio quest’ultimo filone investigativo è strettamente collegato alla posizione del ricercatore dell’Unical Vittorio Palermo, attualmente in carcere, finito nell’indagine quale presunto “prestanome” di Carmelo Bagalà, ritenuto al vertice dell’associazione mafiosa contestata dall’ufficio inquirente coordinato dal procuratore capo Nicola Gratteri.
Secondo la Dda di Catanzaro, Vittorio Palermo avrebbe partecipato «con consapevolezze di scopi e di vincoli al sodalizio in qualità di prestanome (storico) dell’associazione. Al fine di eludere eventuali misure di prevenzione patrimoniali e consentire l’illecito arricchimento della consorteria», Vittorio Palermo, a dire degli inquirenti «gestiva gli interessi economici e finanziari del gruppo mafioso in questione, intestando, in maniera fittizia, il “Residence degli Ulivi”, ubicato nel comune di Falerna (struttura ricettiva adibita all’accoglienza di extracomunitari), dapprima alla Turismo e Sviluppo Srl e successivamente a far data dal 13 luglio 2015, alla “Eurolido Srl”, entrambe entità societarie riconducibili alla citata famiglia Palermo condividendo gli introiti di natura economica derivanti dalla gestione del complesso, direttamente con il capo cosca Carmelo Bagalà».
A giudizio, infine, anche altri imputati cosentini, come Renzo Cardamone, Alessandro Rubino. Antonio Gedeone e Umberto Gedeone. Il processo inizierà l’8 luglio 2022 dinanzi al tribunale di Lamezia Terme.