‘Ndrangheta, la “sfida” di Michele Rende: «L’hashish a Cosenza lo riporto io»
Così nel 2020 uno degli indagati dell'ultima operazione della Dda contava di risolvere la penuria di droghe leggere divenute quasi introvabili in città
Per i consumatori delle cosiddette droghe leggere, quello del 2019-2020 è stato il biennio orribile. In quel periodo, infatti, la pandemia e forse qualche screzio fra malavita locale e fornitori fa sì che, a Cosenza e dintorni, hashish e marijuana siano quasi impossibili da reperire. Una situazione inedita della quale a ottobre del 2020 si accorge anche la Dda. Non a caso, alla penuria tutta cosentina di fumo ed erba si fa accenno negli atti dell’inchiesta che lo scorso primo settembre ha determinato un’ondata di arresti fra la città e il suo hinterland.
A informare involontariamente gli investigatori di quella carestia in corso è il ventottenne Michele Rende, uno dei principali indagati, che conversando con un amico gli rappresenta le difficoltà del momento legate a un settore – lo spaccio – che non è più il suo da almeno cinque anni. «Mi sto riprendendo il fumo, e sai perché» gli dice ignorando di avere un trojan nel telefono, «per fare una sfida a Cosenza».
All’epoca, Rende sta finendo di scontare una condanna per armi e droga in affidamento ai servizi sociali. L’inchiesta lo immortala come presunto racketeer e uomo di fiducia di Roberto Porcaro, ma a seguito dell’arresto del suo mentore, si è avvicinato molto al superboss Francesco Patitucci. Nel contesto del crimine locale è un personaggio in ascesa, probabile dunque che la «sfida» a cui fa accenno gli serva a scalare ulteriormente le gerarchie del clan. Gli altri, infatti, «non lo riescono a trovare, e io glielo sfodero». Il fumo, ovviamente.
Darà seguito ai suoi propositi, le successive indagini sembrano confermare tali sospetti. Lo stesso giorno, infatti, Rende incontra allo svincolo autostradale di Cosenza sud il suo fornitore in pectore: un esponente della cosca Alvaro di Sinopoli (Rc). Riceve un campione della roba, circa duecento grammi, e concorda con lui il prezzo: un euro e trenta centesimi al grammo, ma di dice disposto a pagarlo anche uno e trentacinque. «Ce lo prendiamo tutto» dice al venditore per rassicurarlo, a patto che non sia «duro come una pietra». L’altro lo tranquillizza: «Ti sto dicendo che è morbido, quando lo rompi non devi farlo con la mazzetta». Cioè con il martello.
Poche ore prima si era incontrato proprio con Patitucci e da quel dialogo, anch’esso intercettato, gli investigatori traggono la convinzione che il boss fosse il vero regista di quell’affare. «Allora, come dobbiamo fare?», gli chiede Patitucci. «Dipende com’è» risponde Rende, riferendosi – si ritiene – alla qualità dello stupefacente. «Se tu lo butti a terra e torna indietro…» aggiunge, rappresentando la peggiore delle ipotesi. E Patitucci di rimando: «Te la devi vedere tu, tu te la devi vedere».