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C’è stato un tempo in cui molti commercianti di Cosenza si ritrovavano i registratori di cassa invasi da soldi falsi. E per risolvere il problema, alcuni di quei commercianti, i più esasperati, avrebbero preferito rivolgersi alla malavita piuttosto che ai carabinieri. È emerso oggi in aula durante il processo a carico dell’uomo sospettato di aver messo in circolazione quelle banconote contraffatte, sia nella città capoluogo – specie nel centro storico – che nei centri della costa tirrenica.
Si tratta del 42enne Giuseppe Pignataro, imputato in uno dei tanti tronconi del processo “Alarico”, l’inchiesta che nel 2019 stroncò un vasto giro di spaccio di droga e di estorsioni, determinando decine e decine di arresti. Fra i capi d’imputazione che lo riguardano – oltre a uno relativo proprio alla droga – c’è anche quello relativo alla spendita delle banconote farlocche, vicenda su cui oggi sono stati chiamati a testimoniare tre collaboratori di giustizia: Francesco Noblea e i coniugi Celestino Abbruzzese e Anna Palmieri.
Ognuno di loro a turno ha indicato in Pignataro l’artefice di quel raggiro che, all’epoca, hanno affermato Abbruzzese e Palmieri – aveva indotto le vittime a rivolgersi ai cosiddetti “capi zona” del crimine per sollecitare un loro intervento. A tal proposito, riferisce la Palmieri, si sarebbe mobilitato pure Roberto Porcaro, fatto sta che a seguito di tali interessamenti il fenomeno si sarebbe ridimensionato. Non è stato facile. Per come riferito dai collaboratori, infatti, Pignataro sarebbe stato poco restio a piegarsi, sia su questo che su altri argomenti illeciti e oggetto di disputa, tra cui quello legato al traffico di stupefacenti. Alla fine, arrivarono anche a gambizzarlo, vicenda che un paio di anni fa ha segnato la condanna di Carlo Bruno per lesioni e della stessa vittima per favoreggiamento.
Davanti al giudice De Vuono, i tre pentiti si sono prodotti nelle rispettive testimonianze, rispondendo alle domande dell’ufficio di Procura, rappresentato dal magistrato La Grotteria, e del difensore dell’imputato, l’avvocato Mario Scarpelli. Il processo, che vede Pignataro rispondere anche del reato di spaccio, riprenderà il 28 marzo.