Due anni di reclusione e diecimila euro di multa per Vincenzo Cerrone, un anno e quattro mesi con ottomila euro di multa per gli altri cinque imputati. Sono queste le richieste di pena avanzate dal pm Giuseppe Cozzolino nei confronti dei sei dipendenti dell’impianto di depurazione di Coda di volpe, a Rende, sotto accusa per il reato di inquinamento ambientale aggravato.

È un’indagine che risale all’inizio del 2018, avviata a seguito delle segnalazioni di diversi cittadini che lamentavano le pessime condizioni ambientali in cui versava il Crati. Dagli accertamenti è poi emerso il sospetto che quell’inquinamento fosse dovuto ai continui sversamenti di liquami provenienti dall’impianto consortile di Rende.

L’ipotesi è che i reflui venissero scaricati nel fiume dopo essere stati depurati solo in modo parziale o, addirittura, senza essere sottoposti a trattamento. Il risultato è che le acque del fiume sarebbero state gravemente alterate chimici e batteriologici.

Rispetto a tali presunte condotte, la pena più alta è stata invocata per l’allora direttore dell’impianto Cerrone, mentre gli altri imputati rispondono ai nomi di Dionigi Fiorita, responsabile dell’Unità operativa interna e dei turnisti Giovanni Provenzano, Annunziato Tenuta, Rosario Volpentesta ed Eugenio Valentini.

Alla requisitoria di Cozzolino, durata all’incirca tre ore, ha fatto seguito il deposito delle memorie delle associazioni ambientaliste WWf, Legambiente e Fare Ambiente, parti civili nel processo per il tramite degli avvocati Fabio Spinelli, Rodolfo Ambrosio e Anita Frugiuele. Subito dopo si è passati alle discussioni difensive degli avvocati Giovanni Carotenuto, Gianluca Serravalle, Massimiliano De Rose, Pasquale Vaccaro, Gaetano Maria Bernaudo e Filippo Cinnante che saranno completate il prossimo 19 marzo. Con ogni probabilità, per la sentenza di primo grado sarà necessaria un’altra udienza ancora da calendarizzare.