Non finisce qui il caso Bergamini. A prescindere dalla sentenza pronunciata oggi, ancora di primo grado, si prospetta una nuova indagine che punta i riflettori su chi, secondo i giudici, avrebbe materialmente ucciso il calciatore del Cosenza. Si tratta di Roberto Internò, cugino dell’imputata, per il quale, evidentemente, la Corte d’Assise ha ritenuto indiziante una conversazione tra lui e sua moglie, intercettata nel 2017, in cui parlano dei fatti avvenuti ventotto anni prima a Roseto Capo Spulico.

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È un dialogo che, in un primo momento, era finito ai margini dell’inchiesta, negli atti non utilizzati, ma che è tornato d’attualità proprio in extremis. Sul presunto coinvolgimento di Roberto Internò, infatti, aveva puntato con decisione l’avvocato Silvia Galeone, collaboratrice di Fabio Anselmo, nel corso della sua arringa. Quel giorno i coniugi litigano di brutto, condividono un lutto terribile: la morte di un figlio di vent’anni. I loro rapporti personali corrono sul filo del rasoio e, quando l’argomento scivola sugli interrogatori del caso Bergamini, incombenza che i due saranno chiamati ad affrontare, la donna apostrofa duramente il marito.

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Roberto Internò è sempre stato colui il quale, la sera del 18 novembre 1989, accompagna i genitori di Isabella a Roseto Capo Spulico per riportare a casa la figlia dopo la morte di Bergamini. Trentacinque anni dopo, due giudici chiedono alla Procura di valutare se, invece, quell’uomo fosse già lì, al km 401 della Ss 106, a narcotizzare Bergamini, soffocarlo e poi distenderlo sull’asfalto.