Si è svolta davanti al tribunale collegiale di Cosenza una delle ultime udienze del processo “Acheruntia“, l’indagine della Dda di Catanzaro contro una presunta associazione a delinquere di stampo mafioso operante nel comune di Acri che avrebbe intrattenuto rapporti di tipo illecito con la politica locale, nonché con l’allora assessore regionale Michele Trematerra.

Tanti gli imputati a processo, mentre il filone principale, dov’erano a giudizio Angelo Gencarelli, ex consigliere comunale di Acri, e Pino Perri, già condannato per associazione mafiosa e omicidio nell’ambito delle attività delittuose riconducibili al clan “Lanzino” di Cosenza, è in fase d’appello.

Nella seduta odierna, alla quale ha partecipato il pubblico ministero Pierpaolo Bruni, attuale procuratore capo di Santa Maria Capua Vetere, titolare del procedimento “Acheruntia“, sono stati sentiti tre testi citati dalle difese di Luigi Maiorano (ex sindaco facente funzioni di Acri), Andrea Cello e Massimino Greco.

Nel primo caso è stata esaminata l’ex segretaria personale dell’imputato, la quale ha illustrato le dinamiche amministrative, spiegando che la porta della stanza del sindaco era sempre aperta. Il secondo testimone riguarda un meccanico di Spezzano della Sila, che aveva un’officina a Camigliatello Silano. Il teste ha spiegato di aver visto più volte l’allora direttore dell’ufficio postale in un bar, nella zona dedicata alle slot, anche durante l’orario di lavoro. Infine, il consulente Giovanni Le Coche, ingegnere, che ha redatto una consulenza di parte, dove non ci sarebbero grosse discrasie tra quella del perito Zengaro e le trascrizioni di polizia giudiziaria, ad eccezione di una frase.

Il dato evidente, tuttavia, è un altro. Il processo “Acheruntia“, un procedimento nato nel 2011, nell’ultimo periodo ha viaggiato a rilento. Il presidente Francesco Luigi Branda (giudici a latere Urania Granata e Ermanna Grossi), che nei prossimi mesi prenderà servizio in Cassazione come anticipato dalla nostra testata, ha fatto intendere di volerlo chiudere in tempi rapidi. Sono passati infatti nove anni dal blitz della Dda di Catanzaro e questo filone, dopo vari ostacoli procedurali, deve ancora concludersi in primo grado.

Come ha sottolineato l’avvocato Sergio Calabrese, decano dei penalisti cosentini, l’agonia degli imputati non dovrà protrarsi ancora a lungo. Nella prossima udienza infatti si tenterà di esaurire i testi di difesa e di sottoporre ad esame gli imputati che hanno intenzione di chiarire la propria posizione. Poi mancherà soltanto la requisitoria del pm e gli interventi difensivi.