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Una vecchia conoscenza, quella che non t’aspetti. E certamente non se l’aspettava neanche lui. Lo scorso primo settembre, però, anche Giuseppe Iirillo, 65 anni, è finito in carcere nell’ambito del maxi-blitz contro i clan cosentini. La sua colpa? Una capatina nella casa di Patitucci infettata dalle cimici e alcuni frammenti di conversazione, in sua presenza e non, che secondo gli investigatori, fanno di lui uno dei confederati. Eventualità inattesa dicevamo, quasi sorprendente, perché l’ultima volta che si è parlato di Iirillo in termini criminali risale ai ruggenti anni Ottanta, con i vecchi collaboratori che addirittura ne circoscrivono le gesta al triennio ’81-’83, periodo dopo il quale avrebbe abbandonato il gruppo al quale era legato, quello di Franco Pino, per mettersi prima in proprio e poi ritirarsi dalle scene. “Amico mio, ti sei perso?” gli dice la moglie di Patitucci, Rosanna Garofalo quasi a conferma di questa eclissi, quando il 15 febbraio del 2020 se lo ritrova sul pianerottolo di casa. “No che Pinuzzo non si perde” la corregge subito il marito. E per la Dda tanto basta.
Una leggenda nera
Da ragazzo lo chiamavano “Vecchiareddra”, dal fritto tipico della tradizione natalizia cosentina che nel suo caso, però, ha ben poco di rassicurante. All’epoca, infatti, si parla di lui come uno dei sicari più affidabili in circolazione. Tanti gli omicidi sui quali i pentiti riconoscono la sua firma, ma nove su dieci si tratta di sospetti investigativi destinati in seguito a rimanere tali, e che a distanza di tanti anni sfumano in leggenda nera. Di Iirillo si sente parlare per la prima volta a dicembre del 1977, quando il suo nome è associato a quello che per Cosenza è il padre di tutti i delitti: l’uccisione di Luigi Palermo alias “U zorro”, ma all’arresto della prima ora non faranno seguito processi e condanne. All’inizio degli Ottanta anche lui si trasferisce a San Lucido al seguito del suo capo, Franco Pino, che grazie alle amicizie del padrino locale, Nelso Basile, ha stretto un’alleanza con Raffaele Cutolo. Sono gli anni della guerra di camorra a Napoli e del conflitto fra bande armate a Cosenza e i due boss si danno una mano a vicenda: Cutolo invia una squadretta di sicari in Calabria per aiutarlo nello scontro con Perna e l’altro ricambia la cortesia spedendo in Campania una batteria di killer cosentini in trasferta. Secondo alcuni collaboratori di giustizia fra questi c’è pure Iirillo, che a loro dire si disimpegna così bene da meritare l’inserimento del proprio nome nella carta d’identità di diversi camorristi: la cosiddetta copiata.
Gli omicidi del passato
Tre anni intensi di malavita, poi il sipario. È già fuori dai giochi quando nel 1986 sui clan bruzi si abbatte il tifone Antonio De Rose, il protopentito; due anni dopo lo condannano per l’associazione mafiosa con Basile, circostanza che in nome del ne bis in idem, lo fa uscire indenne dall’inchiesta “Garden”. Da allora il buio, o quasi. I primi anni Duemila lo vedono all’opera come tranquillo operatore ecologico in forza a una cooperativa comunale di Rende, ma nel 2006 il passato bussa di nuovo alla sua porta. Lo arrestano nell’ambito dell’operazione “Missing” accusandolo di ben cinque omicidi della guerra di mafia, e alla fine sarà condannato a ventidue anni solo per quello di Carlo Mazzei, accoltellato a morte nel vecchio carcere di Colle Triglio il 27 agosto del 1980.
Le nuove accuse
“A Rende è uno che si fa rispettare” dice in tempi più recenti il pentito Giuseppe Zaffonte a proposito Iirillo, ed è un’informazione che gli investigatori oggi utilizzano contro di lui. Quel 15 febbraio Patitucci cerca di commissionargli un’imbasciata, un messaggio per Michele Di Puppo, ma lui quasi si sfila: “Se lo vedo, ma non lo vedo mai!”. Un mese e mezzo più tardi, il boss dialoga ancora con la consorte, rappresentandole la necessità di incontrare sempre Di Puppo, forse per incassare da lui del denaro. Teme però di farsi arrestare e quindi ha in testa un piano B: “Se no gli dici Michè, a Francesco mandaglieli tramite Vecchiareddra”. Che ciò poi avvenga o meno, per il gip non ha alcuna importanza dato che, a suo avviso, Zaffonte e queste intercettazioni bastano a “evidenziare l’attualità e la perduranza dei rapporti fra Iirillo e il boss Patitucci declinate anche in termini di concreta messa a disposizione”.