Lunga e diritta correva la strada. Quanto lunga e quanto diritta sarà un esperto in infortunistica stradale proveniente da Avellino a tentare di stabilirlo. È a lui, infatti, che la Procura di Cosenza si affida per ricostruire con esattezza la dinamica del tragico incidente costato la vita al sedicenne Antonio Ruperti. Non sarà facile, ma a quanto pare, gli investigatori potranno contare su un video, estratto da una telecamera di sorveglianza, che documenta quanto avvenuto sabato scorso dall’incrocio tra via Falvo e via Martorelli.

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È quello il luogo in cui si è verificato lo scontro tra la motocicletta guidata dal giovane e la Jeep della polizia di Stato con a bordo tre agenti della Questura cosentina. Uno di loro, quello alla guida, è indagato per omicidio stradale. Oggi, il consulente della Procura si è recato sul posto, su delega del pm Marialuigia D’Andrea e in compagnia dei suoi colleghi nominati dalla difesa e dalla parte civile, quest’ultima rappresentata dall’avvocato Mario Scarpelli.

Gli esperti hanno operato per diverse ore, ricostruendo quello che era lo stato dei luoghi al momento della tragedia verificatasi intorno alle 11 e 30 del mattino, mentre il poliziotto indagato percorreva insieme ai suoi colleghi via Martorelli, già via Lazio, poco distante dal palazzo di giustizia. Un punto a dir poco pericoloso a causa della presenza di un casolare ricoperto dall’edera che limita agli automobilisti in transito la visuale dei veicoli provenienti da destra. Compito dei consulenti sarà anche quello di stabilire se quell’ostacolo abbia giocato un ruolo nei tragici e successivi eventi.

Proprio da destra. infatti, proveniva lo sfortunato giovane in sella alle due ruote che dopo l’impatto con la Jeep è andata a schiantarsi contro una palazzina a cinque-sei metri di distanza, nel punto in cui oggi gli amici di Antonio hanno innalzato un altare alla sua memoria.  Dopo lo schianto, il ragazzo non è morto sul colpo, è riuscito persino a rialzarsi. «Devo andarmene, devo andarmene» ha detto rivolgendosi a un passante avvicinatosi per soccorrerlo, ma purtroppo le sue condizioni di salute erano già disperate. Morirà dopo alcune ore in ospedale a causa delle emorragie interne generate dall’impatto contro il muro.

Da accertare ai fini investigativi, ci sono sia la condotta dell’uomo alla guida della Jeep – spostata di qualche metro subito dopo l’incidente – che la velocità a cui procedeva il giovane Ruperti. A tal proposito, nessuna indicazione arriverà dal tachimetro della moto, sceso a zero subito dopo l’incidente, ma dicevamo: agli atti c’è un filmato che quasi certamente sgombrerà il campo da ogni dubbio. In un contesto ambientale che non è certamente dei migliori.

Nella denuncia sporta davanti ai carabinieri, infatti, i genitori del ragazzo hanno chiesto di verificare se l’incidente, più che da una casualità, possa essere stato causato dal tentativo della Jeep di arrestare la marcia della moto. Al momento non risultano indizi che diano smalto a questa tesi, ma tanto è bastato per accendere gli animi in città. Non a caso, subito dopo il funerale del giovane, un minicorteo formato da auto e moto è passato da via Palatucci, davanti alla questura, lanciano insulti e accuse alle forze dell’ordine. «Assassini» il grido più ricorrente.

Clima teso dunque, ed è anche per sgombrare il campo da qualsiasi sospetto che la Procura guidata da Mario Spagnuolo ha deciso di affidarsi a un tecnico proveniente da fuori regione. Per il deposito della perizia bisognerà attendere qualche settimana. Nel frattempo, l’inchiesta della magistratura va avanti, le lancette del dolore, invece, restano ferme a sabato 9 settembre.