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Un biglietto da visita per lo spacciatore. In formato elegante, stampato in centinaia di copie da distribuire ai potenziali clienti. La tecnica, brillante ma spericolata, è stata sperimentata di recente da un cittadino polacco di stanza a Cosenza che, ogni mattina, si piazzava davanti al Sert e si presentava così alla platea di tossicodipendenti che quotidianamente affollano la struttura. Non agiva per conto proprio, alle sue spalle c’era un pusher non autorizzato dal “Sistema”. Quella che metteva in circolazione, dunque, era eroina da sottobanchista.
Il suo capo gli aveva raccomandato di non dare nell’occhio, ma lui non gli aveva dato ascolto, tant’è che sul biglietto da visita aveva fatto scrivere il suo nome con tanto di recapito telefonico. E così, in men che non si dica, le voci su quello spacciatore tanto imprudente quanto plateale erano giunte all’orecchio di Celestino Abbruzzese. È sempre Anna Palmieri a raccontare l’episodio ai magistrati in un verbale poi confluito negli atti dell’inchiesta “Recovery”.
A suo dire, per risolvere il problema, il marito chiama un suo uomo di fiducia e gli affida questo incarico surreale: «Vai al Sert e fatti dare un bigliettino, che poi vediamo». Così facendo, risale all’identità del regista di quel traffico occulto, un certo Enzo, che però mai avrebbe immaginato che il suo uomo si facesse scoprire così presto. E così, quando Micetto si presenta di buon mattino a casa sua e gli rifila un pugno in pieno volto, lui si mostra incredulo. «Tu come ti permetti a dare il numero di telefono?» lo incalza Abbruzzese, «tu qua ti devi stare, accucciato e buono buono».
La risposta di Enzo si limita a un «ma che succede?». Celestino gli spiega cause e pretesti della sua arrabbiatura e lui ammette tutto, prendendosela a sua volta con il sottoposto polacco: «Non lo sapevo questo che ha armato…». La questione per Celestino è molto netta: «Cchi sta faciannu chistu? Così non rovina solo noi, rovina pure le altre piazze». Per lui, dunque, si prospetta una punizione esemplare. È ciò che Micetto si attende mentre si reca a fare rapporto ai suoi fratelli, ma le cose andranno diversamente.
È ancora sua moglie Anna a spiegare il perché: «I miei cognati avevano un amore per questo ragazzo, perché oltre a comprare la droga da loro si comprava mo’ la macchina, mo’ la motocicletta, quindi li faceva guadagnare. E così gli fecero passare questa cosa». Il castigo, dunque, si limita a una semplice tirata d’orecchi: niente più sottobanco e, soprattutto, niente più biglietti da visita. È la dura legge del “Sistema Cosenza”, con tanto di eccezione che conferma la regola. Anna Palmieri la spiega in modo immaginifico, con una frase manifesto che vale anche in altri contesti e in altre malavite: «Più soldi mi porti, più in cielo ti mando».

