Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
No al vincolo della continuazione tra i reati per il collaboratore di giustizia Giuliano Serpa, ex componente del clan “Serpa-zingari” di Paola. La Cassazione ha dichiarato infondato il suo ricorso e nei giorni scorsi ha depositato le motivazioni. La storia giudiziaria di Giuliano Serpa, com’è noto, si lega all’omicidio di Antonio Maiorano. Di recente la Dda di Catanzaro ha chiesto tre ergastoli per gli imputati accusati di aver partecipato al delitto di mafia. Un assassinio deliberato per uccidere proprio Serpa. Ma i killer ammazzarono per errore il povero operaio nei pressi dello stadio “Tarsitano” di Paola.
Vincolo della continuazione dei reati
La Corte d’appello di Catanzaro, il 27 gennaio 2022, aveva rigettato l’istanza presentata nell’interesse di Giuliano Serpa relativamente alla sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, emessa il 17 marzo 2017, irrevocabile il 18 febbraio 2019, di condanna per i reati di partecipazione a un’associazione per delinquere di tipo mafioso, detenzione e porto illegale di armi e cartucce. «Il primo reato in ordine temporale, la partecipazione ad associazione a delinquere è commesso a partire dal 1999» scrive la Cassazione.
La seconda riguarda una sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, emessa l’8 febbraio 2019, irrevocabile il 19 novembre 2020, per i delitti di omicidio aggravato di Salvatore Imbroinise, commesso a Paola il 13 marzo 2000, e di Luciano Martello, eseguito a Fuscaldo d 12 luglio 2003, e di detenzione e porto illegale di armi da sparo, commesso tra i comuni di Cosenza, Paola e Fuscaldo il 12 luglio 2003.
Gli omicidi Imbroinise e Martello
Gli ermellini, prima di giungere alla conclusione, hanno evidenziato che proprio «in ordine all’omicidio di Imbroinise, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che la prospettazione offerta dall’imputato nel corso del procedimento di primo grado, sebbene poi respinta in sede d’appello, sia determinante al fine di escludere la sussistenza del medesimo disegno criminoso con il reato di associazione a delinquere. Infatti, per sua stessa ammissione, Serpa si era adoperato al fine di impedire la morte di Imbroinise, che, pertanto, non poteva essere stata programmata e deliberata fin dal momento dell’adesione al sodalizio mafioso. Per quanto concerne, poi, l’ulteriore omicidio ai danni di Luciano Martello, è stato posto l’accento sul divario temporale, di circa quattro anni, esistente tra il momento di commissione di tale reato e quello in cui è maturata l’affectio societatis».
Giuliano Serpa, la Cassazione
La difesa del collaboratore di giustizia Giuliano Serpa riteneva che non è «sufficiente il dato temporale ad impedire l’esistenza di una volizione comune tra la partecipazione all’associazione a delinquere e la commissione dell’omicidio Martello, perché l’adesione ad una associazione contempla la possibilità o necessità di commettere omicidi non già per mera occasionalità, ma per opposizioni e contrapposizioni tra soggetti gravitanti m circuiti mafiosi preventivamente accettate». Un argomento in punta di diritto che la Cassazione non ha condiviso, perché fondato «sulla tesi che un reato-fine commesso nell’ambito di una associazione a delinquere sia necessariamente sorretto da volizione unitaria con la partecipazione alla stessa, tesi che è stata più volte respinta dalla giurisprudenza di legittimità».
Cosa evitare
«È ipotizzabile la continuazione tra il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e i reati fine, a condizione che il giudice verifichi puntualmente che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si è determinato a fare ingresso nel sodalizio. In motivazione, la Corte ha aggiunto che, ove si ritenesse sufficiente la programmazione dei reati fine al momento della costituzione del sodalizio, si finirebbe per configurare una sorta di automatismo nel riconoscimento della continuazione e del conseguente beneficio sanzionatorio, in quanto tutti i reati commessi in ambito associativo dovrebbero ritenersi in continuazione con la fattispecie di cui all’art. 416-bis cod. pen.».
Infine, «la notevole distanza temporale tra il momento di adesione all’associazione e la commissione dell’omicidio Martello rende non illogica la decisione del giudice dell’esecuzione, che ha ritenuto che il secondo reato non potesse essere stato programmato “almeno nelle sue linee essenziali” già in occasione della commissione del primo crimine».