Dalla lotta ai traffici di droga e alla corruzione fino alla riforma della sanità penitenziaria, la Garante Russo invoca un’azione corale delle istituzioni: «Reprimere non basta, bisogna creare condizioni di vita e di cura per il reinserimento»
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Un monitoraggio continuo, verifiche periodiche per una fattiva e concreta vicinanza istituzionale agli istituti penitenziari della Calabria. Alla Garante dei detenuti calabresi Giovanna Russo è chiaro che tutelare diritti a queste latitudini, in una terra di ‘ndrangheta e che dalla ndrangheta vuole riscattarsi senza se e senza ma, urge un cambio di passo e quell’imprescindibile dialogo istituzionale con i vertici nazionali affinché le politiche penitenziarie non lascino indietro nessuno tanto meno le tutele degli ultimi. Anzi è proprio con coraggio che, in tempi così critici, la stessa ha introdotto un tema tanto complesso quanto rischioso ma necessario «a lanciare il cuore oltre l’ostacolo se vogliamo aiutare tutti», il tema della cultura dell’antimafia penitenziaria.
Un settore complesso, dicevamo, che viene monitorato e scientificamente studiato partendo dalle complessità che la stessa ha rintracciato anche nei cosiddetti eventi critici: fotografia di un sistema che va ripensato. «Non possiamo girarci dall’altra parte e fare finta che non vi sia un’alterazione della vita quotidiana del mondo carcere». Tale distopia va letta in relazione a quello che, noto già a più latitudini, risulta essere il business della droga e dei cellulari. Cosa pensiamo avvenga davvero con l’introduzione di apparecchi non consentiti o, peggio, di sostanze stupefacenti? «I “venditori di morte” si cibano anche delle falle di sistema ed è qui che le piazze di spaccio non conoscono più un confine tra il dentro e fuori le mura. In Calabria sappiamo che non possiamo più permetterci il lusso di trascurare alcun dettaglio perché ogni intervento mancato, da parte di ciascuno di noi, diventa uno spazio in più per la criminalità».
«L’aumento degli eventi critici come sequestri di stupefacenti, intercettazione di droni, pacchi o altri oggetti lanciati da muri perimetrali, corruzione, sfiancano lo Stato (operatori e polizia penitenziaria quotidianamente esposta) che fa fatica a contenere un fenomeno che mina sicurezza e rieducazione. Ed è così che, malgrado l’impegno e le risposte che arrivano dai vertici nazionali, nelle carceri dei penitenziari calabresi si consuma una battaglia silenziosa: contenere e contrastare gli illegalismi e i fenomeni corruttivi. Cocaina, hashish, psicofarmaci: sostanze illecite che riescono a superare le mura di cinta, eludere i controlli, alimentare microeconomie interne e mettere in pericolo sia i detenuti fragili che gli operatori penitenziari. Sono dati d’allarme provenienti anche dai sindacati della polizia penitenziaria, da note inchieste giudiziarie che sempre più spesso documentano il passaggio sistematico di droga tra dentro e fuori il carcere. Il sistema fatica a monitorare efficacemente ogni anfratto di un universo complesso e sovraffollato» Alla Garante è chiaro che tutelare diritti a queste latitudini, in una terra di ‘ndrangheta e che dalla ndrangheta vuole riscattarsi senza se e senza ma, urge un cambio di passo e quell’imprescindibile dialogo istituzionale con i vertici nazionali affinché le politiche penitenziarie non lascino indietro nessuno tanto meno le tutele degli ultimi».
I metodi di introduzione della droga sono sempre più sofisticati. A fianco dei classici “lanci” nei cortili durante l’ora d’aria, oggi si assiste a un uso crescente dei droni, difficili da intercettare e capaci di trasportare da piccole a medie quantità di stupefacente direttamente ai destinatari. Altre volte possono essere i colloqui a diventare un veicolo: ovuli nascosti negli alimenti, nei vestiti, o addirittura ingeriti da chi entra per poi essere recuperati. «Non possiamo pensare che non vi siano casi di corruzione alimentati da complici di un sistema deviato. Un solo grammo di hashish può valere una cifra nettamente superiore dietro le sbarre. Un business che fa gola alla criminalità organizzata, che usa le carceri anche come piazze di spaccio controllate. Si registra pertanto un fenomeno di criminalizzazione e schiacciamento della dignità dei più fragili».
Tutto questo si traduce in una seria minaccia anche per la sicurezza, spiega la Garante, la giustizia e la salute in carcere intesa quale indice di qualità della vita e principio sacro di dignità della persona reclusa. L’ingresso di stupefacenti compromette profondamente le finalità costituzionali della pena: la rieducazione del condannato. Come? La diffusione di sostanze psicoattive alimenta dipendenze, violenze, estorsioni interne, controllo sociale da parte dei detenuti più forti, sopraffazione criminale che minano l’equilibrio psicofisico dei soggetti più vulnerabili.
Solo una parte dei detenuti che in Calabria ha problemi di tossicodipendenza è inserita in programmi di recupero. Il personale sanitario fa immani sforzi e fatica anche per insufficienza numerica a garantire il giusto servizio alle cure. Quello della sanità penitenziaria è un tema sul quale non intendiamo fermarci perché siamo consapevoli che lavorando alla costituzione di una reale ed efficiente rete regionale di servizi della sanità penitenziaria possiamo implementare le risposte e i servizi, non trascurando un altro aspetto fondamentale all’equilibrio quotidiano nei nostri istituti: le persone con problemi psichiatrici che dovrebbero essere gestite in luoghi e strutture idonee. La Garante ricorda come in Calabria abbiamo due REMS che assolvono quotidianamente ad una missione di giustizia e cura. I numeri però, dice la stessa non sono sufficienti. «L’obiettivo di questo Ufficio è stimolare l’offerta che oggi conta 40 posti in regione per potenziarla con adeguate risorse economiche e di personale specializzato, sino a sessanta posti totali. Per la Calabria vorrebbe dire molto. Sono certa che le risposte come quelle ad oggi intervenute per il corpo di Polizia Penitenziaria, non tarderanno ad arrivare. Una sanità penitenziaria che funziona migliora la qualità della vita negli istituti e rompe maglie oscure di interessi illegittimi». Afferma l’avvocato Russo.
«Quando sono arrivata in regione, forte dell’esperienza reggina dove nella sanità penitenziaria in un anno abbiamo realizzato servizi inesistenti e scrostato un sistema cristallizzato che ledeva tutti, mi è stato subito chiaro che il tema della sanità penitenziaria doveva essere centrale tanto quanto quello della cultura dell’antimafia penitenziaria di cui non si era ancora parlato. Per tali ragioni, alla luce di costanti visite negli Istituti, siamo consapevoli che servono con urgenza alcune riforme anche sul piano normativo che questo Ufficio è pronto a promuovere e condividere con gli organi competenti per un risultato di squadra». Oggi, in ragione della storia penitenziaria calabrese è improcrastinabile che tutte le parti interessate debbano dialogare di più e convergere verso gli obiettivi comuni, ciascuna per la propria competenza, e al fine di garantire una congrua circolarità comunicativa che realizza riposte concrete. Di questo la Garante intende farsene portavoce. Insomma, un welfare per tutti.
«Sappiamo che gli interventi strutturali da programmare nel breve e lungo periodo sono complessi, ma non per questo ci fermeremo. Troppi anni di scollamento interistituzionale che oggi registrano un’inversione di marcia, con il segnale concreto dell’arrivo di 109 agenti comunicato pochi giorni fa e lo svolgimento ben tre concorsi negli ultimi anni per incrementare le risorse tra i dirigenti penitenziari e non solo. Questi sono dati che non possono passare inosservati. I diritti umani con conoscono bandiere politiche, ma solo istituzioni capaci e di buona volontà che operano con rigore e concretezza per dare risposte anche in Calabria.
Le carceri calabresi, come molte altre nel sud Italia dove la criminalità organizzata è un dato radicato, pervasivo ed endemico, dove le maggiori famiglie mafiose detengono monopoli territorialmente spartiti, meritano una progettualità interistituzionale più alta in termini di attenzione al contrasto della criminalità. Penso al dialogo con la commissione regionale anti ‘ndrangheta che porremo già nelle prossime settimane all’attenzione nazionale ed europea perché siamo certi che serva una sintesi scientifica di uno dei maggiori problemi che l’amministrazione penitenziaria deve affrontare. Un ritardo, su queste azioni, esporrebbe tutti affievolendo le garanzie dei diritti e della dignità delle persone a qualsiasi titolo interessate. Per un Garante a queste latitudini è scontato che si debba agire il prima possibile, e noi non vogliamo lasciare indietro nessuno e soprattutto crediamo nel recupero a partire dai più giovani».
Il fenomeno, prosegue la Garante, richiede una risposta integrata: maggiore dotazione tecnologica (scanner corporei, scanner millimetrici potenti e di ultimissima generazione, rilevatori di droni, specifiche apparecchiature per disturbare le reti telefoniche, controlli capillari dei perimetri con tecnologia avanzata), una formazione continua e soprattutto specializzata degli operatori, penso anche a maggiori investimenti nel trattamento delle dipendenze. Siamo tutti concordi che reprimere non è la soluzione, il volano è la Costituzione. Nel rigore della legge creare tutte quelle condizioni di vita, di cura e di tutela per un reale reinserimento penso al progetto realizzato già nel protocollo d’intesa per il reinserimento lavorativo e formativo per la provincia di Reggio Calabria. E ancora, i detenuti tossicodipendenti devono poter accedere a percorsi terapeutici effettivi, strutturati con maggior collaborazione con i servizi sanitari del territorio, comunità esterne e operatori specializzati.
In conclusione, per la Garante, in Calabria, dove la criminalità organizzata ha sempre avuto una penetrazione profonda nel tessuto sociale e carcerario, la lotta alla droga in carcere e ad ogni forma di illegalismo rappresenta, in un’ottica di più ampio respiro, una battaglia di civiltà per la legalità e per la dignità dello Stato tutto. Non è accettabile permettersi il lusso di perdere terreno su questi argomenti, né avere paura di affrontarli con coraggio e determinazione.