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La vita del procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri sarebbe stata in serio pericolo perché la ‘ndrangheta aveva pianificato un attentato. Lo scrive oggi sul Fatto il giornalista Lucio Musolino. A quanto si apprende l’allarme è scattato diverse settimane fa, ma la notizia è rimasta riservatissima fino ad oggi. Tutto sarebbe partito da un’intercettazione in cui si parlava di un agguato ai danni del giudice calabrese che solo qualche giorno fa ha interrotto la sua corsa a capo della Dna. Il progetto criminale, che pare fosse in fase avanzata, sarebbe stato riportato in una comunicazione secretata e trasmessa ai Servizi segreti italiani: si parlava di un ordigno da attivare mediante un telecomando per far saltare in aria il magistrato. L’intercettazione coinvolge soggetti collegati ad alcune famiglie mafiose, con giri d’affari in Sudamerica e Stati Uniti, infastidite da determinate indagini di Gratteri che ne hanno minato i traffici. L’attentato si sarebbe dovuto consumare lungo il tragitto che collega l’abitazione del magistrato al suo ufficio. Il ministero degli Interni è stato immediatamente informato e la scorta di Gratteri rafforzata con altre tre autovetture blindate, una delle quali munita di “bomb jammer” per resistere all’inda di un’eventuale esplosione e alle frequenze Gsm e simili usate per attivare l’ordigno a distanza tramite le trasmissioni radio e cellulari: una cautela che tuttavia non ridurrebbe a zero i rischi in caso di esplosione. In tutto sono cinque le jeep corazzate su cui viaggia il procuratore di Catanzaro che è accompagnato dalla sua scorta e da diversi agenti dei Nocs, il Nucleo operativo centrale di Sicurezza della polizia di stato. Sono stati messi sotto scorta anche la moglie e i figli del procuratore che studiano fuori dalla Calabria. Sulla vicenda è stato aperto un fascicolo dalla Procura di Salerno, competente sulle inchieste in cui sono parti offese i magistrati del distretto di Catanzaro.