Operaio deceduto a distanza di 4 mesi dall’infortunio, la morte non era
avvenuta per un infarto sopravvenuto ma per il pregresso politrauma:

La mattina dell’8 maggio 2013 durante l’esecuzione dei lavori cimiteriali appaltati alla a una ditta da un Comune della fascia silana, l’operaio G. G. precipitava da un’altezza di circa 4 metri e, avendo subito un grave politrauma cranico e toracico con copiosa perdita di sangue, il quale aveva interessato anche altre parti del corpo, veniva trasportato con l’elisoccorso presso l’Ospedale Civile di Catanzaro dove, per alcuni giorni, era sottoposto a coma farmacologico. Il 27 maggio veniva trasferito presso il centro di riabilitazione “Villa Sant’Anna di Crotone”, presso l’unità di Risveglio e vi rimaneva ricoverato fino al 13 luglio. Il periodo di convalescenza e l’ultimo mese di vita lo trascorreva nella propria casa circondato dall’affetto e dall’assistenza dei familiari.

Nella notte tra il 17 e 18 agosto, le già precarie condizioni di salute si aggravavano e, dopo vario peregrinare tra gli ospedali di Rossano, Cariati e Castrovillari, la sera del 19 agosto cessava di vivere. Sul versante giudiziario il capocantiere ed il legale rapp.te della società appaltatrice venivano imputati di omicidio colposo. Tuttavia l’esito della perizia medica disposta dal P.M. di Castrovillari, inspiegabilmente effettuata senza l’autopsia, dava esito negativo, per cui veniva certificato che la morte sarebbe avvenuta per un infarto sopraggiunto all’improvviso, non riconducibile agli esiti dell’infortunio.

Sulla scorta di tali risultanze, prosciolti gli imputati dal reato di omicidio colposo, veniva condannato il solo capocantiere per il delitto di lesioni colpose gravi e, inoltre, l’Inail negava alla vedova il diritto a percepire la rendita, adducendo, per l’appunto, che il decesso non fosse riconducile al grave politrauma. Esaurita la fase amministrativa contro l’Istituto Assicuratore, nel 2019 il caso venne portato all’attenzione dell’avv. Giovanni Carlo Tenuta, questi nell’atto giudiziario sostenne due importanti tesi rivelatesi poi decisive: la prima, tramite testi e con la produzione dei certificati Inail di inabilità lavorativa, veniva appurato che, durante il periodo di convalescenza, l’ammalato manifestava insufficienza respiratoria, dovuta al trauma toracico, debolezza, stanchezza, dimagrimento, incapacità di deambulare, la seconda, che i sanitari dell’Ospedale di Castrovillari avevano certificato che il decesso non fosse avvenuto per infarto, ritenuta la causa ultima, bensì per insufficienza respiratoria e per versamento pleurico bilaterale, ovvero per le stesse patologie diagnosticate al povero operaio all’atto del ricovero in codice rosso presso l’Ospedale Pugliese di Catanzaro.

Nel corso del giudizio, l’Ausiliario del Giudice aveva individuato erratamente la causa del decesso in una malattia non certificata nei documenti sanitari, pertanto, la relazione medico-legale venne annullata e venne disposta la rinnovazione della C.T.U. e ciò in accoglimento delle serrate critiche mosse dall’avv. Tenuta. Il nuovo incarico venne affidato al dott. G. S., medico-chirurgo odontoiatra spec. in chirurgia maxillo-facciale, il quale, non tenendo conto del materiale probatorio raccolto, della sintomatologia manifesta, delle prove testimoniali e dei certificati di malattia Inail, aveva elaborato una singolare teoria, di segno opposto alle diagnosi effettuate dai medici dell’Ospedale di Castrovillari, il lavoratore, a suo dire, sarebbe deceduto per un infarto, comparso improvvisamene e totalmente sganciato dall’infortunio e non per le altre due malattie respiratorie.

Sottovalutando le note competenze dell’avv. Giovanni Carlo Tenuta nella materia degli infortuni e delle malattie da lavoro, nello scontro che ne era seguito tra il sapere giuridico ed il presunto sapere scientifico, non è stato difficile per il legale della vedova, supportato da 3 perizie di parte, di cui una del chirurgo vascolare Angelo Chiappetta, di origini Maranesi, demolire le approssimative ed incongruenti valutazioni del suddetto C.T.U. Il Tribunale di Castrovillari, infatti, valorizzando la perizia del dott. Chiappetta e le osservazioni dell’ultimo C.T.P., il dott. Giuseppe Maurelli e, soprattutto, tenendo in debito conto quanto evidenziato dall’avv. Tenuta che il pregresso indebolimento dell’organismo, il fatto che non si sia potuto somministrare nemmeno l’eparina a causa della gravità politrauma, dimostrassero, di per sé, la riconducibilità della morte agli esiti peggiorativi dell’infortunio lavorativo.

La dott.ssa Emanuela Esposito, infatti, ha ritenuto illogica e priva di valore scientifico la consulenza dell’ultimo C.T.U., ha riconosciuto che il decesso del lavoratore fosse riconducibile, a livello concausale, al grave infortunio ed ha ordinato all’Inail di corrispondere alla vedova la rendita a far data dalla morte del marito.